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E’ brava?

FullSizeRenderUna mamma passeggia con la sua bambina di pochi mesi in fascia.

“Buongiorno! Oh, ma come è bella! piccolina…..”

“Buongiorno! Eh, ha due mesi.”

“Come l’avete chiamata?”

“Anita.”

“E com è? E’ brava?”

“…..”

“Cosa vuol dire?” verrebbe da chiedere. Chi è il neonato bravo?

Colui che dorme nella sua culla? tante ore? che mangia quando la madre ha voglia di nutrirlo? senza lamentarsi? e’ bravo il bimbo che non piange?

E chi è il neonato cattivo? colui che vuole stare in braccio 23 ore e mezza a giorno? che spesso mangia ogni 60 (50,40,30..) minuti? colui che dorme solo tra le braccia di mamma e papà? che su una sdraietta urla come un ossesso?

Insomma l’1% dei bambini potremmo definirlo bravo mentre il 99% cattivo!

La natura parla chiaro. Il neonato ha bisogno di due sole cose: la tetta e le braccia della mamma.

Tutto il resto è superfluo o di seconda scelta.

La maggior parte dei bambini non accetta che una culla, una giostrina, un ciuccio, prendano il posto (anche solo ogni tanto) della loro mamma. Altri, invece, lo accettano senza ribellarsi troppo, altri ancora si arrendano dopo aver provato a protestare.

Il bambino desidera con tutto se stesso attenzione, contatto fisico, amore. Sa che sono vitali per il suo sano e armonico sviluppo psico-fisico e li reclama con tutta la forza che possiede.

Questi sono bambini sani, forti ed esigenti, non cattivi.

I bambini svolgono la stessa vita nella pancia della mamma: al caldo, sentendo il cuore di mamma battere, avvolti, cullati, nessun rumore o luce forte. Tutti.

E tutti vorrebbero ritrovare lo stesso ambiente una volta nati:

pochi rumori, luci soffuse, braccia e voce della mamma e latte caldo a disposizione.

Alcuni bambini vengono ascoltati, altri no, rimangono inascoltati e a questa sordità rispondono con rabbia, nervosismo che cessano quando ricevono risposta o quando il bimbo decide di arrendersi.

“Per essere teneri, amorevoli e affettuosi, gli esseri umani devono essere teneramente amati e curati nei loro primi anni, fin dal momento in cui nascono. Tenuti in braccio dalla madre, accarezzati, abbracciati, confortati..” (Montagu, Il tatto)

Non ci sono bambini bravi o cattivi, ma genitori che ascoltano e altri che scelgono di non sentire.

Eh si, forse alla mamma verrà un po’ di mal di schiena, dormirà un po’ scomoda avrà sempre i vestiti stropicciati e dovrà rinunciare a tacchi e vestiti anti allattamento, ma di certo terrà tra le braccia un bimbo sereno.

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Non solo di latte è piena la tetta!

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“E’ sempre in braccio, non ne posso più!”

“Non fa che chiedere di ciucciare! ma non gliela do vinta!”

Il mondo del neonato cresce lentamente di giorno in giorno, di mese in mese a partire…..dalla tetta della mamma!

La tetta non rifornisce solo cibo, ma calore, conforto, amore, occasione di esplorazione sensoriale. Inizialmente il punto di riferimento, la base sicura del bambino è la sua mamma e nello specifico, il suo seno. La mamma e il suo corpo forniscono al bambino tutto il nutrimento fisico e psichico di cui ha bisogno, è qui che il piccolo sperimenta: guarda, tocca, ciuccia, colpisce, graffia, assaggia….lentamente questo mondo si allarga e il cucciolo comincia a mostrare interesse perciò che lo circonda: il tappetino, la culla, le luci, gli oggetti dell’ambiente, la sua cameretta, la sua casa etc.. e gradualmente quelle competenze sensoriali testate ed allenate nella sua morbida e calda base sicura, avranno occasione di essere messe alla prova ed arricchite!

Essere con il proprio corpo e con il proprio seno la base sicura dei nostri piccoli è un onore ed una fortuna da non lasciarsi scappare, ma da godersi a pieno, prima di trovarsi a chiedere: “mi dai un bacio?” e sentirsi rispondere: “ Domani mamma, domani.”

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Tentar non nuoce!

Giuseppe, di 7 anni, sta tentando di allacciare la cintura di una sdraietta, ma non riesce a portare a termine il suo intento. E’ molto concentrato, da bravo piccolo scienziato, a comprendere il motivo del suIMG_9028o insuccesso. Prova ancora, con calma, sereno e curioso di capire. I suoi gesti sono lenti, passa la cintura in ogni direzione per cercare di capire l’inghippo.

Un adulto che si trova nella stessa stanza, seduto ad un tavolo con altri ospiti, lo nota e immediatamente dice: “Son due cinture, stai sbagliando. Devi passare da dietro e quell’altra va sotto, altrimenti non puoi riuscire.”

Il bambino cambia espressione. La sua concentrazione è sparita e comincia a comunicare con l’adulto che ora è diventato il suo punto di riferimento:

“cosi? è giusto? va bene?”

l’adulto tenta di guidarlo a parole per “aiutarlo” a risolvere il suo “problema”.

I gesti di Giuseppe sono diventati goffi, tenta di seguire i comandi vocali senza ben comprenderli. Dopo un po’ di tempo, non pienam
ente consapevole del processo, allaccia la cintura, senza entusiasmo.

Giuseppe voleva riuscire in autonomia ad allacciare la cintura, non avere la cintura allacciata.

Ce l’avrebbe fatta, se fosse stato solo…

Lo scopo dell’agire dei bambini è spesso comprendere il processo delle cose, non il risultato.

Era immerso nel flusso della concentrazione, dal quale sarebbe emerso vincente, appagato e cresciuto.

La Montessori la chiama pazienza: la virtù di saper attendere il manifestarsi del bambino.

Prima di intervenire deve chiedermi: E’ necessario? lo faccio per sentirmi utile ed importante o perché il bambino ne ha realmente bisogno e sta cercando aiuto?

Osservando attentamente un bambino all’opera con la vita, si può comprendere quanto spesso noi adulti siamo, in buona fede, disturbatori del loro sviluppo.

Dovremmo provare, quando le circostanze lo permettono, a farci da parte.

“E’ necessario che io diminuisca perché egli cresca” diceva Giovanni Battista.

Spesso è l’amore, il bisogno di sentirci utili che ci spinge ad agire ed intervenire nel percorso di crescita dei bambini, ma è necessario valutare ogni  intervento con calma, pazienza e fiducia. Se serve è mio dovere e responsabilità supportare se invece non sono necessario, umilmente, direbbe la montessori, devo farmi da parte e osservare, osservare, osservare il bambino all’opera per la costruzione di sé.

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Il fascino del materiale

Come posso rendere attraente ed ordinata una attività?

prima

prima

dopo

dopo

Questo è un esempio di come rendere attraente il lavoro degli animaletti per il bambino:

animaletti (di ottima qualità, con i dettagli precisi e curati) disposti nella riproduzione del loro habitat naturale invece che riposti casualmente in un contenitore.

Gli ambienti li ho realizzati insieme alla mia figlia più grande, di 27 mesi, la quale ha contribuito, come poteva, alla costruzione della calotta polare, della savana e dello stagno.

Cotone, cartoncino, colla vinilica, semola e colori a dita….

(Conscia che si possa fare di meglio…con maggior fantasia e manualità..)

La collocazione degli animali nei loro habitat ha permesso a Nina di suddividere i suoi animaletti in gruppi coerenti, comprendendo che difficilmente l’orso può incontrare, in natura, l’elefante…

Da questo allestimento è partito il gioco delle storie ambientate nella savana, tra i ghiacci e nello stagno in cui le si racconta della vita dei protagonisti degli ambienti (alimentazione, caratteristiche fisiche, abitudini alimentari…).

Maria Montessori sosteneva che l’ambiente è il vero maestro per il bambino: perchè un materiale catturi l’interesse del piccolo, dobbiamo renderlo attraente, bello, curato perchè possa sedurre per poi regalare esperienze formanti.

Ogni “gioco” andrebbe allestito:

dovrebbe uscire dalla scatola chiusa, trovare una collocazione nell’ambiente (altezza consona, superficie adeguata…) e una giusta presentazione perchè possa incuriosire, e possa essere a disposizione in qualsiasi momento!

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Pochi ma buoni: 10 regole per giocare.

“Non mette mai in ordine i suoi giochi!”

“Quella stanza è sempre in disordine, non si riesce neanche a muoversi!”

“Non sa neanche quello che ha in quella stanza!”

Il riordino dei propri giochi è una conquista d’autonomia del bambino mooolto cara ai genitori!

Ma è bene sapere che, anche se è difficile da credersi, il bambino  desidera abitare l’ordine con tutto se stesso.

I giochi, però, sono tutti in giro lo stesso, come mai?

I motivi possono essere svariati, tra questi: il bambino è troppo piccolo per farlo (in questo caso l’adulto deve essere il suo modello, dare al bambino continua occasione di assistere al riordino…) oppure nessuno ha mai fatto notare lui l’importanza e l’utilità del riordino, ma  si è limitato a richiederlo come dovuto e basta.

Maria Montessori ci fornisce un preziosissimo consiglio a riguardo:

l’azione educativa deve iniziare dal fornire al bambino un ambiente adatto, che sia adeguato all’età, stimolante, pulito, curato ed ordinato. Il nostro agire deve svolgersi sull’ambiente, non sul bambino, il quale trarrà stimoli e occasioni da apprendimento, prima di tutto, dal suo ambiente di vita.

Spesso nelle camerette o negli angoli della casa adibiti ai giochi dei nostri bimbi c’è troppo e spesso troppo poco curato! Tantissimi giochi, di ogni natura, tutti mischiati in grandi cesti o scatoloni, impilati in modo che sia irraggiungibili (e l’adulto si spazientisce perchè deve sempre tirare giù o fuori i giochi…), alcuni giochi non funzionanti, alcuni incompleti, alcuni che non destano più alcun interesse, altri troppo difficili o troppo semplici per attrarre il bambino!

Perchè il bambino si prenda cura del suo ambiente, se ne deve innamorare, perchè ciò avvenga, l’ambiente deve essere seducente.

Come possiamo favorire ciò?

  1. Osserviamo ciò che il bambino ama fare in questo periodo (costruire? infilare? disegnare? modellare? leggere? ritagliare? giocare a palla?macchinine? cucire?)
  2. allestiamo nel suo spazio alcune attività che lo interessano e disponiamole ben in vista e in modo ordinato (tutto pulito, funzionante e bello). Tutto ciò che occorre per svolgere quell’attività è presente e raggiungibile comodamente. Ad esempio per dipingere: dovrò proporre un cavalletto, pennello, fogli, colori, bicchierino per acqua, straccetto per asciugare.
  3. Ogni oggetto, utile a svolgere l’attività ha un suo posto specifico e stabile. Ciò facilita il bambino nel trovare ciò che gli occorre e nella fase di riordino.
  4. Quando una attività ha stancato il bambino, va tolta dall’ambiente e dalla sua vista e sostituita con una nuova.
  5. “I grandi ritorni” sono spesso una risorsa: attività tolte dall’ambiente perchè non più attraenti, possono tornare in voga dopo un certo periodo e ridestare curiosità.
  6. I regali di compleanno e Natale non devono essere obbligatoriamente esposti nell’ambiente tutti il giorno stesso in cui vengono ricevuti! la strategia migliore è quella di inserirne uno alla volta, quando opportuno e utile. Ciò permette anche che il bambino si possa godere a pieno “il nuovo arrivato”!
  7. Abolire i cestoni e le grosse scatole per il riordino! I bambini non si orientano nei cestoni pieni di cose riposte in modo casuale, infatti appena possono rovesciano il contenitore per poi non saper gestire la mole di materiale che si trovano di fronte e lo abbandonano. Offriamo invece posti specifici ad ogni singolo gioco: piccole scatole, piccoli vassoi, mensole, ripiani, piccoli armadi. Più il materiale è a vista, più il bambino si dimostrerà autonomo nel gioco e ben disposto al riordino!
  8. 6 o 7 libretti per volta sono sufficienti da esporre, così come i pupazzi, le macchine…
  9. L’ambiente deve evolvere e seguire lo sviluppo del bambino: la stanza si modifica e cresce con lui. Dobbiamo ritagliarci molte occasioni per osservare i nostri figli muoversi nell’ambiente per poter cogliere le loro esigenze e le loro difficoltà così da poter aiutarli.
  10. Ricordiamoci che prima di tutto, per lungo tempo ci devono osservare riordinare, poi devono essere aiutati a riordinare, poi devono sperimentare il riordino e solo a questo punto si può pretendere che al termine del lavoro rimettano ogni cosa al proprio posto!
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VOGLIO TOGLIERGLI IL PANNOLINO, COME FACCIO?!

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Il problema sta nella domanda. Dovremmo piuttosto dirci:

VUOLE togliersi il pannolino COME POSSO AIUTARLO?

L’autonomia del bambino, su qualunque fronte, non può nascere dall’adulto, ma deve maturare nell’animo del bambino stesso.

Il genitore può aiutarlo prestando attenzione ai segnali che il bambino invia.

Egli, che ad 1 anno e 1/2 cerca di infilarsi o sfilarsi calze e scarpe sta mostrando, inconsciamente, il suo spontaneo interesse verso un’attività che lo condurrà sulla strada dell’autonomia. Sostituirci a lui dicendo: “Lascia fare alla mamma che tu sei piccolino, ne avrai di tempo!” significa lasciar sfumare un’occasione preziosa d’esercizio d’autonomia.

La voglia d’essere indipendente quando arriva, arriva! Su quale fronte si manifesterà lo decide unicamente il bambino : mangiare, deambulare, vestirsi, lasciare la tetta, pipì, sonno,distacco…

E questa manifestazione sarà inconscia, quando il bambino sarà pronto.

E l’adulto? dove sta?

Mamma e papà possono farsi attentissimi osservatori e uditori scrupolosi di tutti i segnali che il bambino invia, cogliendo le occasioni ,sempre anche se queste appaiono “fuori tempo”:

“No! non riesci! Lascia, faccio io.” “Dai, sei grande, fai da solo.”

Ciò blocca l’autorealizzazione del bambino verso l’autonomia e l’autostima.

I nostri bambini non nascono con il pannolino incorporato, avvicinarli a far pipì e cacca nel vasino sin da quando sanno stare seduti è un ottimo modo per far nascere in loro un’abitudine che piano piano il bimbo fa propria.

Ad ogni cambio possiamo invitarlo a sedere sul wc o vasino per vedere se scappa (l’ideale è appena sveglio, quasi certamente sarà un successo!).

Lasciare i bimbi nudi per un po’ dopo il cambio, permette loro di viversi nella loro naturalezza e  di cominciare a percepire il funzionamento del corpo.

Quando poi proveranno a stare senza pannolino per un po’, accogliamo con grande calma la loro frustrazione o indifferenza o la loro immaturità e concediamo loro il tempo che occorre. Se il bimbo non progredisce, tornare indietro non rappresenta una sconfitta per nessuno! Aspettiamo ancora un po’, vuol dire che il nostro bambino è concentrato a svilupparsi su un’altra abilità!

Il momento giusto, solo il bimbo sa quale sia, noi possiamo tentare di comprenderlo! intromettersi nel naturale sviluppo è cosa ben diversa dal favorire lo sviluppo.

Intromettersi è usare il pannolino quando ci fa comodo a seconda dei nostri impegni, non curando i segnali d’interesse del bimbo. E’, ad un certo punto, magari verso i 3/4 anni, decidere di toglierlo da un giorno all’altro, magari anche arrabbiandosi perchè se la fa addosso o non vuole lasciare “la sua cacca”! Intromettersi vuol anche dire togliere il pannolino ad un anno e mezzo, sempre con estrema velocità, quando il bimbo non mostra alcun interesse, facendogli vivere molta frustrazione!

Favorire significa invece considerare il pannolino come uno strumento di aiuto per una breve fase iniziale della vita del bambino (fin verso i 18/24 mesi) che a volte c’è e a volte no, che la pipì si fa nel pannolino ma anche nel wc, nel praticello, al mare.

Favorire significa che se il bimbo non vuole indossare il pannolino glielo concediamo, con ciò che ne consegue! Significa anche accogliere con un sorriso la pipì che scappa, significa fermarsi 1.000 volte per la strada, anche quando sono falsi allarmi!

Favorire significa gradualità:

Iniziare dall’ambiente domestico (prima casa poi scuola, poi case di parenti…), prima un’oretta dopo il cambio poi per periodi sempre più lunghi…

favorire significa ordine:

il vasino è sempre in bagno, non gironzola per la casa correndo dietro alla pipì! Ciò lo aiuterà a controllare il bisogno, gradualmente…. (Posso però decidere di trasportarlo in altro ambiente e dargli un posto stabile: nella casa delle vacanze, sulla spiaggia, nel luogo del pic nic….)

Favorire significa anche ricordare che ogni bambino hai i suoi tempi, significa accogliere ciò che il bambino ci comunica, come e quando decide di farlo. Accogliere significa non giudicare, non decidere che sia presto o tardi.

Accogliere significa anche accettare incondizionatamente, senza preconcetti ed aspettative, ma protrarsi verso il nostro bambino, accompagnandolo per mano verso l’autonomia, considerandolo sempre un essere pensante e desideroso di crescere carico di autostima e di fiducia in se stesso e negli altri.

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CHE ME LO DOMANDI A FARE?!

punto_interrogativo_marionetta“Andiamo a fare la pipì?”, dice la mamma. “No!”, risponde il pupo.

“Eh,si! bisogna proprio andare, dai! non fare storie! non voglio sentire discussioni” ribatte la mamma.

Se è necessario fare una cosa e non si può evitare di farla, perchè chiediamo al bambino se lo vuole fare?

Se poniamo una domanda dovrebbe significare che abbiamo intenzione di prendere  in considerazione la risposta!

La libera scelta è un valore importantissimo, da favorire, tutelare, stimolare attraverso reali ed autentiche libertà di scelta.

Se presentiamo più alternative è perchè è possibile che il bambino decida fra le opzioni e che la sua decisione sarà rispettata ed attuata.

Spesso la “falsa domanda” nasce perchè pare un approccio più dolce ad una situazione scomoda per il bambino e/o per l’adulto:

“Andiamo a dormire? Spegniamo il cartone? Ora laviamo i dentini? Torniamo a casa?”

Ma se una risposta negativa non è contemplata, la domanda non può far altro che irritare!

L’assertività offre al bambino ordine e sicurezza, così come le “false domande” lo lo confondono e lo fanno arrabbiare!

A lungo andare la sua razione alle domande vere potrebbe diventare:

“Cosa rispondo a fare? tanto quel che penso non conta! La soluzione già ce l’ha”.

Dovremmo cercare di porre domande le quali risposte possano essere tenute in reale considerazione:

E’ ora di fare la nanna.

Le domande che ne seguono e che potrebbero rendere il bambino protagonista di tale momento della giornata potrebbero essere, ad esempio:

Vuoi che ti racconti una storia o che ti canti un canzone?

Preferisci che ti accompagni mamma o papà?

vuoi qualche pupazzino che ti faccia compagnia o vuoi stare solo nel letto?

vuoi bere un po’ d’acqua prima di andare a letto?

Queste sono scelte che realmente  il bambino può compiere e che realmente possiamo (e dobbiamo!!) rispettare. La sua autonomia di pensiero, di scelta non possono che trarne beneficio. Ciò che deve essere chiaro e definito per il bambino è il messaggio principale: è ora di fare la nanna.

Su ciò non possiamo transigere ed è importante che sia così e che si eviti:

“ Eh va bene…. non andiamo ancora a dormire….però solo un pochino va bene? quando ti dico che ora, si va!”

Le regole sono importanti e fondamentali per orientare il bambino e guidarlo. La fermezza e l’ordine delle regole rassicurano il bambino e lo aiutano nello sviluppo dell’autocontrollo e della autonomia. Quello che è importante è capire che l’ubbidienza è una conquista difficilissima per il bambino che ha tempi molto lunghi: la comprensione, l’accoglienza e il rispetto di ciò sono determinanti. Accogliere con la massima dolcezza e fermezza (non senza fatica, certamente…) le crisi di pianto, di isteria e di rabbia nei confronti di certe regole è fondamentale per essere una guida matura, stabile e rassicurante e diventare, con il tempo un punto di riferimento cruciale.

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Le sfumature del “NO”

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“Non si può sempre dire si! Bisogna anche   imporsi…”

“Quando è no è no. Punto e basta! non voglio sentire discussioni! E’ chiaro?”

Sembra che il genitore debba convincere se stesso che il “no”che va dicendo sia sensato. Se la decisione di imporre un limite è meditata con cura, misurata e giustificata si deve procedere fino in fondo con amore, fermezza e un gentile sorriso. Perchè l’adulto dice “no”  con la faccia scura, urlando e senza la minima cordialità e gentilezza? A volte perchè è lui il primo a non essere certo di ciò che fa e dici e spera così di essere più credibile e convincente…

In questo caso è scontato che il bambino non potrà sentirsi a suo agio…

Quello che invece è importantissimo è valutare con attenzione la reale necessità del limite che intendo imporre. Quando la decisione è presa bisogna procedere con fermezza: niente eccezioni, niente sconti, ma ordine chiarezza e sicurezza. Quando diciamo no, insomma, dobbiamo esserne sicuri e convinti, sapere precisamente il perchè lo stiamo facendo riuscendo a dare una spiegazione reale e comprensibile. Il tutto usando un tono calmo e dolce che rassicuri e non che intimorisca, che calmi e non che agiti. Accogliere il bambino significa aiutarlo nella gestione delle frustrazioni, delle difficoltà, del superamento degli ostacoli. Ogni volta che diciamo “NO” abbiamo occasione per esercitarci ad essere sempre più accoglienti. Se il bimbo si sta mettendo in una situazione pericolosa per se stesso, per l’ambiente o per un’altra persona noi dobbiamo per forza intervenire. Ma un intervento irruento, violento, urlato, non può che generare una reazione simile: irruenta, violenta, urlata. Se desidero che il bimbo si fermi, rallenti, sia cauto, sia concentrato, dovrò avvicinarmi a lui esattamente con questo spirito: con cautela, calma, gentilezza, sussurrando, aiutandolo e fermando la sua mano (o il suo piede..) con dolcezza se la mia parola si rivelasse insufficiente.

In aggiunta a ciò devo andare fino in fondo, sempre.

Se intervengo per interrompere un’azione o impedire che avvenga il motivo è serio. Così devo far rispettare questa volontà accettando ed accogliendo qualsiasi reazione, senza giudicare, commentare:

un bambino che piange, abbracciato da mamma e papà, comprendendo il perchè del suo pianto, sentendosi amato, accolto e rispettato, non è un bambino frustrato, confuso e sofferente, ma “semplicemente” un bambino che sta crescendo….

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TESORO, TRA 9 MESI ARRIVA UN FRATELLINO! SEI CONTENTA?

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“Ma cosa sono 9 mesi? E un fratellino?

Mah! Mamma però è tutta contenta, quindi: si. Sono contenta.”

Mamma e papà ci provano a preparare i piccoli primogeniti all’arrivo del fratello, così come per altri grandi cambiamenti: cambio casa, inizio dell’asilo…

“Lo sai che fra un pochino andiamo ad abitare in un’altra casa?”

“Tra due settimane iniziamo l’asilo! sei felice?”

Chiaramente agiamo con le migliori intenzioni, spinti dal desiderio di aiutarlo ad affrontare al meglio il cambiamento e con la voglia di condividere con lui il dolce sapore dell’attesa, come ben ci insegna la volpe del Piccolo Principe….

Ma la capacità di prevedere cosa succederà, come ci si sentirà dopo un cambiamento, nel bambino piccolo ancora non si è sviluppata. Il bimbo vive nel qui ed ora, vive il presente con tutto se stesso. La consapevolezza di ieri e domani come quella di sé e gli altri, cresce con lentezza. Ciò va considerato, rispettato e tutelato.

Mamma e papà hanno ben 9 mesi per accettare il cambiamento che avverrà, per prepararsi all’arrivo di un nuovo bimbo in famiglia: fantasticare su come saranno i bimbi insieme, la nuova vita, organizzare gli spazi di casa, i ritmi di lavoro..

Per il bambino il tempo di assestamento, di presa di coscienza, d’interiorizzazione d’accettazione inizia DOPO la nuova nascita.

E’ un pò come se qualcuno ci mettesse in braccio un neonato e dicesse: “Ecco, da oggi siete in 4!”

Oppure accompagnandoci in un posto sconosciuto dicesse: “ Da oggi lavori qui. ci trascorrerai le tue giornate.”

o ancora: “ Ecco la tua casa. Quella dove tornavi ieri non c’è più.”

Anche in questi casi estremi, l’adulto sarebbe in grado di affrontare e gestire la situazione, perchè dotato di abilità cognitive di ragionamento tali per comprendere la situazione, scegliere strategie comportamentali, gestire le emozioni improvvise….competenze che al bimbo ancora non sono concesse, ma che sta costruendo.

Il nostro piccolo vive i cambiamenti con la pancia, con tutta la sua emotività e nel momento stesso in cui in cambiamenti sono in atto.

Ecco perchè è importante accettare, accogliere e rispettare qualsiasi manifestazione spontanea del bambino di fronte al cambiamento.

Sono espressioni sincere pure e legittime della sua sua persona: qualcuno vuole toccare il bambino di continuo, qualcuno ci sta un po’ a distanza, qualcuno prova il terrore di perdere mamma e regredisce (nella parola, nell’autonomia, nel sonno, nel controllo degli sfinteri…) solo per ricevere nuove attenzioni…..

Ogni manifestazione ci parla del nostro bambino, ci parla di lui e della sua personalità, ci offre l’occasione di conoscerlo un po’ meglio.

Lo sviluppo di queste emozioni spontanee non può che avvenire all’interno dell’animo del bambino stesso con il passare del tempo, con lamore il rispetto, la pazienza e la comprensione di mamma e papà.

Concediamo ai nostri cucciolotti la loro “gravidanza post nascita…….” offriamo loro tutto il tempo necessario a prendere coscienza, a vedere il lato bello delle novità, a comprendere limiti, spazi, privilegi, occasioni di arricchimento.

Ad ogni cambiamento che riguarda anche i nostri bambini, potremmo guardare così:

“Di colpo è cambiato qualcosa di importante nella tua vita e io devo darti il tempo d’ambientarti, di comprendere, d’accettare. Tutto il tempo che ti occorre e che io mi sono già preso.”

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Mamma! Quando te ne vai, salutami!

nina al telefono“Vai adesso che non ti guarda!” dice la nonna/la tata/il papà….

E così la mamma, in punta di piedi, apre la porta e si allontana, tirando un sospiro di sollievo non sentendo il proprio figlioletto piangere.

Trascorsi pochi minuti il bambino comincia a guardarsi intorno smarrito…. Cosa cercherà? forse la sua mamma?

“Che c’è amore?” dice la nonna/la tata/il papà facendo finta di non capire.

Il piccolo, ovviamente, scoppia a piangere.

Allora, la nonna/la tata/il papà, provano a consolare, con estrema fatica, il cucciolo smarrito cercando di sdrammatizzare.

Ebbene, per questo piccoletto la sua mamma è sparita, non è andata via, è proprio sparita. Quando, in realtà, sappiamo bene, è solamente andata a lavorare, a fare la spesa o dal dentista!

Si crede di far bene lasciando il bimbo tranquillo quando ci allontaniamo, ma in realtà non c’è nulla di peggio.

Il bimbo va salutato, sempre!!! Rischiando magari di scatenare un pianto che però il bambino imparerà  con il tempo a gestire. Sempre essere reali, autentici, trasparenti con i bimbi, anche quando sono ancora molto piccoli! “Ingannarlo” è sempre una scelta sbagliata!

Staccarsi dalla mamma è un processo che il bimbo prima o poi dovrà sperimentare, ma ci sono piccoli accorgimenti che permettono che ciò avvenga con serenità.

1. Prima di tutto iniziare con distacchi brevi, allontanarsi per pochi minuti e poi ricomparire per poi aumentare gradualmente il tempo del distacco.

2. Uscire sempre mostrando il nostro sorriso più smagliante! Il bimbo deve essere contagiato dalla vostra serenità! Ciò permette al bimbo di ricevere dalla mamma il messaggio non verbale “stai tranquillo! va tutto bene! non sta accadendo nulla di preoccupante”!

3.Quando si decide di uscire, farlo. Non tornare indietro e non esitare.

4.Al rientro essere felici di rincontrarsi, raccontare ciò che si è fatto e chiedere al bimbo come ha trascorso il tempo in sua assenza.

5. Chiedere la collaborazione di chi rimarrà con il piccolo: domandargli di sfoderare tutte le sue capacità “seduttive” per attrarre al massimo l’attenzione del bambino permettendogli così di concentrarsi su una attività estremamente attraente!

6.  Infine ricordasi che prima o poi sarà il nostro piccolino a salutarci prima di uscire…..