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Mamma, Mi aiuti?

postaiutoUno dei compiti più difficili per genitori e maestre è comprendere quando sia appropriato intervenire nell’attività di un bambino: più piccoli sono più è difficile.

La motivazione che spinge l’adulto ad intromettersi può nascere da svariati sentimenti, ad esempio:

-desiderio di giocare con il bimbo perché non si senta solo

-incapacità di star a guardare il bimbo mentre tenta e non riesce

-senso di colpa per non essere sufficientemente presenti

-desiderio di mostrare “come si deve fare per fare bene

-desiderio di controllare e dirigere l’agire del bambino

A volte, invece, l’adulto interviene perché il bambino ha chiesto il suo aiuto.

E’ il bambino a doverci guidare nel nostro compito di educatori: voler decidere quando fare cosa e come farlo senza guardare e conoscere il nostro bambino è un impresa quasi impossibile!

Un bimbo di due anni e mezzo ha scelto un puzzle di 20 pezzi per formare un’immagine complicata e molto confusa. La mamma (il papà o la maestra o i nonni o la tata…) sono consapevoli che non può riuscirci da solo, perché il lavoro è obiettivamente troppo complesso. Come ci si deve porre in questa situazione?

Prima di tutto, se reputiamo che un materiale non sia appropriato al livello di sviluppo del bambino non dovremmo lasciarlo alla sua portata (anche se ce lo regalano…) dovremmo conservarlo e metterlo nell’ambiente solo al momento opportuno.

Mettiamo il caso che il bambino sia entrato in possesso di questo puzzle anche se non ancora pronto.

-genitore A: ancora prima che egli apra la scatola, esordisce con: “No, è troppo difficile per te. Dammi che lo mettiamo via.

-genitore B: prende la scatola e dice: “vieni lo facciamo insieme” e fa il puzzle. Il bimbo osserva.

-genitore C: lascia che il bimbo inizi a fare il puzzle e dopo qualche minuto: “no, non li. mettilo qua. così! giralo….no! E’ sbagliato! prendi questo!

-genitore D: guarda, un po’ da lontano, il bambino lavorare: aprire la scatola e cercare di trovare due pezzi combacianti. Ad un certo punto il bimbo alza la testa (1 minuto, 5 minuti, 10, 20,… )e dice: “Mi aiuti?” a questo punto il genitore si avvicina e lascia che il bimbo gestisca il lavoro, apportando il suo aiuto solo dove e quando serve.

postSpesso l’adulto propone il suo aiuto prima che questo venga richiesto, ma dovremmo ricordare che la fatica, quella buona, positiva, costruttiva non può che arricchire il bambino ed aiutarlo a crescere. Finché non si trasforma in frustrazione il tentare l’esecuzione di un compito difficile, è sano, bello e formativo.

Quando il neonato non riesce a voltarsi sulla pancia e ci prova e ci prova…con tutte le sue forze senza piangere ma con lo sguardo concentrato, non ha bisogno di alcun aiuto, ma solo di tempo e spazio per provarci.

Di fondamentale importanza è però rendersi disponibili quando veniamo richiesti, essere pronti a farci coinvolgere con gioia e tempestività. Decidere di non aiutare per spronare, invece, risulta per lo più controproducente, il bambino si frustra e perde interesse per ciò che tenta di fare.

Aiutami a fare da solo, diceva Maria Montessori: aiutarmi non significa sostituisciti a me, ma dammi quel poco di aiuto quando te lo chiedo perché io possa diventare grande da solo e non sia tu a farmi grande.

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Il fascino del materiale

Come posso rendere attraente ed ordinata una attività?

prima

prima

dopo

dopo

Questo è un esempio di come rendere attraente il lavoro degli animaletti per il bambino:

animaletti (di ottima qualità, con i dettagli precisi e curati) disposti nella riproduzione del loro habitat naturale invece che riposti casualmente in un contenitore.

Gli ambienti li ho realizzati insieme alla mia figlia più grande, di 27 mesi, la quale ha contribuito, come poteva, alla costruzione della calotta polare, della savana e dello stagno.

Cotone, cartoncino, colla vinilica, semola e colori a dita….

(Conscia che si possa fare di meglio…con maggior fantasia e manualità..)

La collocazione degli animali nei loro habitat ha permesso a Nina di suddividere i suoi animaletti in gruppi coerenti, comprendendo che difficilmente l’orso può incontrare, in natura, l’elefante…

Da questo allestimento è partito il gioco delle storie ambientate nella savana, tra i ghiacci e nello stagno in cui le si racconta della vita dei protagonisti degli ambienti (alimentazione, caratteristiche fisiche, abitudini alimentari…).

Maria Montessori sosteneva che l’ambiente è il vero maestro per il bambino: perchè un materiale catturi l’interesse del piccolo, dobbiamo renderlo attraente, bello, curato perchè possa sedurre per poi regalare esperienze formanti.

Ogni “gioco” andrebbe allestito:

dovrebbe uscire dalla scatola chiusa, trovare una collocazione nell’ambiente (altezza consona, superficie adeguata…) e una giusta presentazione perchè possa incuriosire, e possa essere a disposizione in qualsiasi momento!

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Piccoli lavoratori domestici

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come sempre la semplicità vince: i bimbi sono attratti dalla natura, dal materiale semplice, dalla routine quotidiana, da brevi passeggiate, da attività semplici e chiare. Spesso coinvolgerli nelle attività domestiche è ciò che maggiormente dona loro gratificazione. Nulla per un bimbo piccolo è più affascinante della mamma(o del papà ovviamente…) che spolvera, bagna le piante, impasta, gira con il mestolo, riempie la lavatrice, taglia la verdura, avvita con il cacciavite, ramazza il pavimento,  lucida lo specchia, lava l’insalata……

Organizzare i lavori domestici a misura di bambino è una soluzione vincente per tutti: Nina, dopo avermi vista lavare il piano della cucina, ha voluto impossessarsi del mio panno ed ha iniziato a lavare ogni cosa le capitasse sotto il naso. Così, io e il suo papà, abbiamo allestito per lei un’attività: il suo tavolo e le sue sedie li abbiamo sgomberati e trasportati in balcone.  Poi abbiamo riempito una bacinella (sufficientemente grande e pesante da non essere rovesciata all’istante….) con acqua e un po’ di sapone di marsiglia per avere la tanto amata schiuma. Le ho chiesto di porgermi il panno che ancora stringeva e le ho mostrato come poter lavare il suoi tavolino e le sue seggioline. Ho immerso la spugna, l’ho strizzata accuratamente, lo appoggiata sul tavolo e con movimento lento e circolare le ho mostrato come insaponare la superficie del tavolo.

Ebbene Nina, 14 mesi, ha trascorso 20 minuti in completa autonomia a compiere con gioia e cura un lavoro, vero. Quando si è sentita soddisfatta e appagata è rientrata dal balcone, ovviamente con acqua ovunque, è venuta vicino a noi e ci ha regalato un sorriso sgargiante.

Questo dovrebbe essere sempre il senso del fare, di tutti, adulti e bambini: operare, lavorare, faticare, impegnarsi, per essere felici e migliori.

 

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ORA NON POSSO, DEVO LAVORARE!

Dire che il gioco dei bambini è un’attività serissima è la sacrosanta verità!

L’attività di gioco è quanto più l’adulto deve tutelare con ogni sforzo: giocare per il bambino non significa svagare, perder tempo, sprecare energie, ma, come ci racconta bene Maria Montessori è un vero e proprio lavoro.

nina al lavoroIn quell’attività c’è tutto l’impegno fondamentale per la costruzione della propria persona. Il bambino di 9 mesi intento ad afferrare sta, ad esempio, sviluppando la manualità e di conseguenza amplificando la capacità di agire sul mondo. Il bambino di 1 anno e mezzo che sposta, riordina, travasa sta catalogando le informazioni che raccoglie dall’ambiente sperimentando materiali e mettendosi alla prova. Quando pensiamo al termine “lavoro” immaginiamo un’azione faticosa da terminare il più rapidamente possibile cercando di impiegare il minor sforzo. Il bambino al contrario dell’adulto affronta il suo lavoro con il desiderio e lo stupore di scoperta, di crescita e di soddisfazione. A dividerci è l’obiettivo: l’adulto mira al riconoscimento sociale, economico e al prodotto. Il bambino è concentrato sul proprio sviluppo intellettivo, fisico ed emotivo. Ecco che spesso non comprendiamo l’opera del bambino e lo esortiamo con frasi come: “Vieni che facciamo qualcosa!”, quando il piccolo è alle prese con un cassetto da svuotare e riempire nuovamente. Se può apparirci un’azione banale ed inutile, è invece adatta e stimolante per apprendere nuove conoscenze e per raffinare i movimenti grossi e fini. Il bambino è un grande scienziato sempre pronto a sperimentare attraverso esperienze sensoriali. Scopre così le quantità, il peso, la flessibilità, la duttilità, la temperatura, le dimensioni o la fragilità di un oggetto. Il movimento del “piccolo esploratore” parte dal proprio corpo, passando per quello della mamma (quanto ci toccano ed esplorano capelli, occhi, naso, ciglia, mentre poppano al seno…), e arriva infine ad allargarsi all’ambiente circostante. Quanto più lasciamo i bambini liberi di misurarsi in attività a volte anche incomprensibili a prima vista, tanto più alimenteremo lo scienziato in formazione. Il modo migliore per capirli è osservarli, intervenendo solo in caso di evidente necessità o pericolo. Noi siamo presenti e loro complici, pronti  a capire e adattare sempre più l’ambiente alle sfide che ci pongono davanti agli occhi.