0

Montessorinchiaro LABS! L’acquedotto

In trenta secondi un acquedotto a misura di bambino…

anche gli argomenti più complessi possono diventare un’esperienza semplice e pratica. Non spaventiamoci di fronte a domande che ci paiono precoci come quella di Nina a 4 anni: -come arriva l’acqua al rubinetto?-. -E adesso come le rispondo?- fu il primo pensiero. Potremmo costruire un acquedotto. Ora per realizzarlo noi abbiamo usato: costruzioni forate ( tipo il nostro meccano di legno), cannucce, forbici, un ciotola, una siringa.

Se avete strane domande dei vostri bambini a cui trovate una risposta attiva e pratica, condividetela su fb: montessoriacasa…Siamo sempre curiosi.

0

I BAMBINI ANIMATI

boy-909552_960_720

Animatore

Animazione

Animare i bambini.

Animare significa dar vita, infondere l’anima.

Come se i bambini l’anima non la possedessero, come se l’adulto fosse indispensabile per la crescita personale dei cuccioli d’uomo.

L’adulto spesso si crede capace di plasmare l’essere che il bambino in realtà è sin dalla nascita. 

I superpoteri che gli adulti si attribuiscono sono sconfinati. 

Succede che il bambino nasca con tratti personali molto distanti dall’ideale di mamma e papà e ciò può turbare, destabilizzare l’adulto. Il desiderio di “raddrizzare”, “reindirizzare” quell’animo verso terre più conosciute si fa sentire. 

Ciò che non si conosce spaventa, meglio mutarlo o travestirlo perchè diventi più rassicurante.

Così può succedere che inconsciamente, o con consapevolezza, l’adulto tenti verbalmente e relazionalmente di “modificare” il comportamento, il pensiero, l’atteggiamento del bambino per renderlo simile a se o al proprio ideale.

Lottando con la sua persona, combattendo perché egli cambi a favore dell’adulto.

E’ una strada ardua e costantemente in salita poiché i bambini sono forti e si battono con caparbietà, costanza fino a che resistono.  

Ma i bambini non hanno bisogno di questo. 

I bambini necessitano di silenzio, di calma e di tempo per conoscersi, per ascoltare la voce di quell’anima che c’è dentro di loro e che già ha una sua definizione e attende semplicemente d’essere scoperta, in primis dal bambino e poi da chi gli  sta accanto.  

Montessori lo chiamava Il segreto dell’infanzia quel mistero custodito nell’animo di ciascun bambino che va lasciato libero di manifestarsi, di farsi vedere e scoprire. 

Il genitore dovrebbe porsi curioso e trepidante di assistere allo sbocciare del proprio bambino, gradualmente, giorno dopo giorno. 

Senza fretta, senza pregiudizi, senza progetti, ma solo con la responsabilità di farsi modello di giustizia, bontà, gentilezza, comprensione, calma ed intelligenza valori che andranno ad integrarsi con il carattere del bambino, che si incarneranno in lui con naturalezza, pazienza e gradualità.

Il bambino, facendosi adulto, imparerà ad adattare la sua persona ai vari contesti, alle esigenze familiari e sociali per farsi uomo sociale.

Cosa gli piacerà? Cosa odierà fare? Con quali strategie tenterà di aver ragione? Quali saranno i suoi punti di forza? La dialettica? La simpatia? L’ironia? Amerà la solitudine o il chiasso? Farà facilmente sforzo fisico o amerà tribolare nel cercare il termine più corretto? Come dimostrerà il suo affetto, riempiendo di baci o con un sorriso? piangerà se triste, urlerà o si chiuderà nel silenzio?

Nessuno lo può sapere, perché l’essere umano è in unica copia. 

Lasciamo che egli cresca secondo il suo disegno e quello di nessun altro.

0

Sbucciare il mandarino!? Non sono capace!!

girl-1428018_960_720

In una scuola dell’infanzia, offrendo un mandarino con buccia a ciascun bimbo presente, assisto ad una scena che mi fa riflettere.

Tutti i bambini, ricevuto il mandarino, abbassano lo sguardo e sussurrano: “ma io non so sbucciarlo!”. La maestra presente li sostiene confermando: “si, non sono capaci.”

Io provo a dir loro che non è così, che secondo me ce la possono fare e chiedo loro di provare.

Non percependo entusiasmo distribuisco ugualmente i mandarini e pretendo che ci provino. Inizio la sbucciatura per tutti, incidendo con l’unghia la buccia, perché quello è l’ostacolo maggiore per svolgere l’attività.

Tutti, compresa la più piccola di 2 anni e mezzo, ci riescono, ovviamente.

Non avevo dubbi.

Ad essere perplessi erano proprio i bambini.

Erano rassegnati all’idea di non essere capaci, senza per questo sentirsi a disagio o dispiaciuti. Ciò che mi ha colpito è stata la mancanza di voglia di provarci, la mancanza di interesse per “fare da soli”.

Sono convinta che genitori, educatori, nonni abbiamo il dovere e la responsabilità di non lasciar credere ai bambini d’essere incompetenti.

Dovrebbero invece fare attenzione a che non si spenga in loro la fiammella della curiosità (come la definiva Montessori) e della gioia di scoprire e conoscere.

I bambini si tutelano abolendo il giudizio e non limitandosi ad insegnare, ovvero mettere dentro, ma volendo educare, ovvero tirar fuori, dando spazio al desiderio, alla curiosità e alla passione, che l’adulto dovrebbe “solo” tutelare.

Un bambino è capace a fare qualcosa quando compie l’azione al massimo delle sue possibilità, che ovviamente, non corrispondo alle nostre. Che non sappiano vestirsi alla perfezione, con la pulizia gestuale che è propria dell’adulto, non significa che non sappiamo vestirsi; che si lavino le mani non sciacquandole a sufficienza non vuol dire che non sappiamo farlo.  Significa invece che hanno necessità di fare esercizio, di ricevere consiglio sulla precisione da impiegare, sulla gestualità da compiere, sulle attenzioni necessarie per eseguire meglio.

Il loro agire è migliorabile, certo, come il nostro del resto. Potranno farsi maggiormente abili se avranno la possibilità di provare, sbagliare, esercitarsi e sfruttare i consigli che riceveranno.

Quando versandosi l’acqua con la brocca, toccando il bordo del bicchiere rovesceranno l’acqua della tovaglia, non diciamo loro che non sanno versarsi l’acqua da soli, ma mostriamo loro dove è stato l’errore, riconoscendogli comunque la competenza.

 

0

Dire “no” con dolcezza, si può.

portrait-317041_960_720“No! non andare!”

“No! non toccare!”

“No! Aspettami!”

Quando dobbiamo “fermare” un bambino spesso lo facciamo con tono secco, scortese, faccia corrucciata, a volte gridando. Probabilmente per mostrarci più forti o più convinti.

Se ci rivolgessimo ad un coetaneo, ovvero un adulto, a cui dovessimo dire “no!” lo faremmo con altrettanta severità e durezza? O diremmo forse: “No…mi scusi….questo è il mio carrello, l’ho appena preso..” non diremmo certo: “No! lasci il carrello. Subito!”.

Ciò ci dimostra che siamo capaci a dire no, dolcemente, con calma. Per chiunque è più semplice rispondere ad un comando se questo viene dettato con fermezza, calma e rispetto. Perché con i bambini dovrebbe essere diverso?

Un valido esercizio che come genitori ed educatori possiamo fare, per cercare di essere meno violenti durante l’affermazione di un “no!” è quello di provare a non usare più la parola “no!” per indicare il giusto agire al bambino”.

Proviamo a trasformare dei comandi:

“non ti alzare che batti la testa!” diventa “stai basso basso, come un gattino”

“non mangiare con le mani!” diventa  “usa la forchetta per imboccarti”

“non aprire tanto il rubinetto, allaghi tutto!” diventa “apri poco il rubinetto, riuscirai a gestire meglio l’acqua!”

” non toccare!” diventa “allontana la mano!”

“non lanciare! diventa “appoggia piano!”

In questo modo il comando sarà più significativo, perché il “NO!” si arricchisce del suggerimento per fare bene l’azione. Inoltre sarà un intervento costruttivo e non costrittivo. Il bambino saprà qual’è il modo giusto per fare quella cosa e non solamente che non lo deve fare, ciò lo renderà più rapidamente padrone di buone ed efficaci pratiche. Senza il giusto “suggerimento” il bambino magari si fermerà ugualmente, ma non avrà imparato cosa avrebbe dovuto fare e, alla prossima occasione, è facile che sbaglierà di nuovo.

Non dimentichiamoci che dire “no”, non significa sgridare, ma dare un consiglio, un orientamento. Daremmo un consiglio a qualcuno con la faccia ed il tono della voce arrabbiati? Credo di no. Pensiamo al no come ad un consiglio, per fare meglio, e comunichiamolo di conseguenza.

Avviciniamoci al bambino con il quale dobbiamo comunicare, ciò renderà più semplice abbassare il tono della voce ed essere, quindi, più gentili.

A volte si deve dire “no”.

Ma si può dire “no” sorridendo, si può dire “no” abbracciando, si può dire “no” tenendo la mano e sussurrando.

Ciò renderà il bambino maggiormente predisposto ad ascoltarci ed il messaggio più significativo.

Urlare e arrabbiarsi mentre si sta offrendo al bambino un insegnamento (come è il “no”) è controproducente perché è difficilissimo, se non impossibile, apprendere in un clima ostile.

Creiamo collaborazione, un clima agevolativo ed empatico, i nostri bambini si mostreranno certamente più “bravi” ad ascoltare e capire.

1

Nenè con l’acqua fa da sé

Montessoriacasa è lieta di presentare a tutti il primo volume della collana

“Piccole avventure Montessori” edita da Carthusia.

Nenè, un piccolo allegro bambino,  è il protagonista della collana, insieme a Cocco e Conì Coniglio, inseparabili compagni, vive divertenti avventure domestiche!foto-nene-1

Nené è un personaggio semplice, autonomo, curioso, intraprendente, divertente, vivace: tutte caratteristiche che troviamo in ogni bambino lasciato libero di mostrarsi nella sua vera natura. Ecco per me Nenè vuole essere un bambino senza etichette, un bambino che non teme di sbagliare, perché attraverso gli errori scopre quotidianamente un po’ di sé, un po’ degli altri”

Nené può far da sé, ma solo se qualcuno glielo permette offrendogli la possibilità di un ambiente organizzato e sicuro a sua misura, in cui poter serenamente sperimentare la libertà delle proprie azioni.

In questa visione illuminata, illuminante e ancora attuale sta la vetta dell’insegnamento di Maria Montessori, conosciuta per il metodo che ha trasformato il mondo dell’educazione, con il suo lavoro ha spostato l’attenzione da chi insegna a chi impara, da chi in silenzio ascolta a chi fa attivamente seguendo un interesse interiore. Oggi il suo metodo, che non prevede voti né punizioni, è diffuso in molte scuole del mondo, conosciute appunto come “Case dei Bambini”.

in libreria dal 13 ottobre! 

Buona lettura!!

1

Riordiniamo

 

Perché nell’ordine si vive meglio, anche e soprattutto i bambini.

Buona lettura!

Metodo Montessori: mettiamo in ordine!

2

Letture su Uppa!

I bimbi piccoli e il loro rapporto con il libro, come gestirlo, favorirlo, gustarlo…..

Montessoriacasa lo racconta su Uppa!

Cosa augurare se non BUONA LETTURA!?

 

Come si legge un libro a un bambino piccolo?

0

Aiutami a fare da me, incontri con i genitori

Domani sera 21 giugno 2016,

a Candelo (BI) via IV novembre 17, presso Trovatempo, la città delle Famiglie, incontriamo le famiglie per confrontarci su come possiamo favorire l’autonomia e l’indipendenza dei bambini nel rispetto dì sé, degli altri e dell’ambiente.

L’incontro è aperto a tutti e gratuito.

Mamme, papà, nonni, educatori vi aspettiamo!

TROVATEMPO perino.jpg

1

COME SI FA AD UBBIDIRE A MAMMA E PAPA’?

IMG_8934

Il bimbo, quando nasce, è fatto di istinti.

La sua mente inconscia e naturale lo guida attraverso il percorso di crescita fisica e spirituale.

Un giorno, scopre che ad un desiderio si può ubbidire, agendo per soddisfarlo.

“Voglio quella palla” è il suo pensiero e le sue mani rispondono muovendosi per afferrarla.

E’ l’inizio della strada dello sviluppo dell’ubbidienza.

I grado dell’ubbidienza

Il bambino quando comincia a dirigere le sue mani e il suo corpo per il raggiungimento di scopi che si è prefissato, entra in quello che Maria Montessori definisce il primo grado dell’ubbidienza.

“So riconoscere i miei bisogni e sono capace a rispondere alla mia volontà”.

E’ un lavoro complesso, lungo e fondamentale per lo sviluppo della personalità dei bambini e tutti hanno il diritto di sperimentare e affinare questa competenza.

Fare dei progetti per se stessi, per crescere e conoscere attraverso l’intervento sull’ambiente.

Spesso, gli adulti, non concedono questo spazio e questo tempo ai bambini, dirigendoli ed indicandogli costantemente la strada da percorrere: “gioca con questo!” “andiamo a leggere!” “vieni a mangiare, lavati!, corri!, riposa!, guarda!, tocca! sorridi! fai ciao! batti le mani! etc…”.

Il bambino deve imparare a sapere quel che vuole e come ottenerlo.

Deve imparare ad ascoltarsi e a riconoscere i suoi bisogni.

L’adulto deve essere consapevole di non poter condurre il volere del bambino, se non forzandolo o costringendolo.

Questa consapevolezza consentirà al bambino un ampio campo d’esplorazione e solo così, il piccolo uomo, potrà procedere verso il secondo grado dell’ubbidienza.

II grado dell’ubbidienza

Ad un certo punto, intorno ai 3/4 anni, il bambino scopre che esiste anche la volontà altrui e che non sempre è in linea con la sua.

Il bambino, padrone di se stesso e in quanto essere sociale, inizia a sperimentare l’ubbidienza ad una volontà altra, ad esempio quella di mamma e papà. Ora il bimbo, ai comandi che riceve dagli adulti ( “prendi la giacca”, andiamo a dormire”, “ riordina quel libro”, siediti un istante ad aspettare”) a volte RIESCE a rispondere positivamente, altre volte no.

E’ un’alternanza sana e fisiologica in quanto il bambino sta imparando ad ubbidire. Spesso l’adulto non accetta questa alternanza e, sentendosi rispondere “si” una volta, pretende che ciò avvenga sempre.

Ma ciò è impossibile.

Solo l’esercizio e l’assenza di giudizio e punizioni permettono un sano ed armonioso sviluppo di una certa competenza.

Il bambino per imparare ad ubbidire (serenamente e con piacere) a qualcuno deve aver sperimentato e imparato ad ubbidire a se stesso.

III grado dell’ubbidienza

Con il tempo il bambino impara a dare maggiore costanza ed ordine a questi due fronti che dialogano con lui: la propria volontà e la volontà degli altri.

Dai 5/6  anni, guarda caso, è il periodo in cui i bambini iniziano a giocare insieme, a stare alle “regole del gioco”, a comprendere che oltre a se stessi esistono anche gli altri.

Da qui in poi, se si è lasciato il tempo al bambino di maturare secondo natura, egli è desideroso di ubbidire ai genitori, ai maestri, desidera ricevere sapere, richieste, perché vuole accrescere la sua persona. Il bambino vuole imparare continuamente cose nuove e gli adulti diventano la fonte principale per arricchire la loro persona ed apprendere nuove competenza e conoscenze.

Da questo periodo il potere dell’adulto di influire sullo sviluppo morale ed etico del piccolo è enorme, perché egli vede nell’adulto una vera e preziosa fonte di sapere.

L’ubbidienza diventa un piacere e una continua occasione per arricchire se stessi.