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Montessorinchiaro LABS! L’acquedotto

In trenta secondi un acquedotto a misura di bambino…

anche gli argomenti più complessi possono diventare un’esperienza semplice e pratica. Non spaventiamoci di fronte a domande che ci paiono precoci come quella di Nina a 4 anni: -come arriva l’acqua al rubinetto?-. -E adesso come le rispondo?- fu il primo pensiero. Potremmo costruire un acquedotto. Ora per realizzarlo noi abbiamo usato: costruzioni forate ( tipo il nostro meccano di legno), cannucce, forbici, un ciotola, una siringa.

Se avete strane domande dei vostri bambini a cui trovate una risposta attiva e pratica, condividetela su fb: montessoriacasa…Siamo sempre curiosi.

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“QUI ABITA UN BAMBINO”

36309641_2058925494149339_8937172166621790208_nSONO LIETA DI ANNUNCIARE L’USCITA DI

“QUI ABITA UN BAMBINO” AMBIENTI E ATTIVITA’ MONTESSORI PER FAVORIRE L’AUTONOMIA IN CASA, OGNI GIORNO

IL LIBRO NASCE DAL DESIDERIO DI RACCONTARE LA CASA, COME “NIDO” PER LA FAMIGLIA, CULLA DELLE RELAZIONI, DEI SENTIMENTI, DELLA CRESCITA, DELLO SCAMBIO, DELLE LITI E DELL’AMORE.

TRA LE PAGINE, ATTRAVERSO MOMENTI DI RIFLESSIONE, IDEE PER ATTIVITA’ E ARREDI, I GENITORI SARANNO ACCOMPAGNATI DA UNA STANZA ALL’ALTRA ACCOMPAGNATI DA QUATTRO FAMIGLIE CON  I LORO BIMBI DA 0 A 8 ANNI CHE VOGLIONO DIVENTARE GRANDI!

PER AVERLO TRA LE VOSTRE MANI: WWW.UPPA.IT

Qui abita un bambino

MI RACCOMANDO, LEGGETELO E MANDATE I VOSTRI COMMENTI E COMMENTI E LE VOSTRE DOMANDE!

SABATO 15 SETTEMBRE VERRA’ PRESENTATO A MATERA, PRESSO CASA NATURAL

 

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I BAMBINI ANIMATI

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Animatore

Animazione

Animare i bambini.

Animare significa dar vita, infondere l’anima.

Come se i bambini l’anima non la possedessero, come se l’adulto fosse indispensabile per la crescita personale dei cuccioli d’uomo.

L’adulto spesso si crede capace di plasmare l’essere che il bambino in realtà è sin dalla nascita. 

I superpoteri che gli adulti si attribuiscono sono sconfinati. 

Succede che il bambino nasca con tratti personali molto distanti dall’ideale di mamma e papà e ciò può turbare, destabilizzare l’adulto. Il desiderio di “raddrizzare”, “reindirizzare” quell’animo verso terre più conosciute si fa sentire. 

Ciò che non si conosce spaventa, meglio mutarlo o travestirlo perchè diventi più rassicurante.

Così può succedere che inconsciamente, o con consapevolezza, l’adulto tenti verbalmente e relazionalmente di “modificare” il comportamento, il pensiero, l’atteggiamento del bambino per renderlo simile a se o al proprio ideale.

Lottando con la sua persona, combattendo perché egli cambi a favore dell’adulto.

E’ una strada ardua e costantemente in salita poiché i bambini sono forti e si battono con caparbietà, costanza fino a che resistono.  

Ma i bambini non hanno bisogno di questo. 

I bambini necessitano di silenzio, di calma e di tempo per conoscersi, per ascoltare la voce di quell’anima che c’è dentro di loro e che già ha una sua definizione e attende semplicemente d’essere scoperta, in primis dal bambino e poi da chi gli  sta accanto.  

Montessori lo chiamava Il segreto dell’infanzia quel mistero custodito nell’animo di ciascun bambino che va lasciato libero di manifestarsi, di farsi vedere e scoprire. 

Il genitore dovrebbe porsi curioso e trepidante di assistere allo sbocciare del proprio bambino, gradualmente, giorno dopo giorno. 

Senza fretta, senza pregiudizi, senza progetti, ma solo con la responsabilità di farsi modello di giustizia, bontà, gentilezza, comprensione, calma ed intelligenza valori che andranno ad integrarsi con il carattere del bambino, che si incarneranno in lui con naturalezza, pazienza e gradualità.

Il bambino, facendosi adulto, imparerà ad adattare la sua persona ai vari contesti, alle esigenze familiari e sociali per farsi uomo sociale.

Cosa gli piacerà? Cosa odierà fare? Con quali strategie tenterà di aver ragione? Quali saranno i suoi punti di forza? La dialettica? La simpatia? L’ironia? Amerà la solitudine o il chiasso? Farà facilmente sforzo fisico o amerà tribolare nel cercare il termine più corretto? Come dimostrerà il suo affetto, riempiendo di baci o con un sorriso? piangerà se triste, urlerà o si chiuderà nel silenzio?

Nessuno lo può sapere, perché l’essere umano è in unica copia. 

Lasciamo che egli cresca secondo il suo disegno e quello di nessun altro.

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Sbucciare il mandarino!? Non sono capace!!

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In una scuola dell’infanzia, offrendo un mandarino con buccia a ciascun bimbo presente, assisto ad una scena che mi fa riflettere.

Tutti i bambini, ricevuto il mandarino, abbassano lo sguardo e sussurrano: “ma io non so sbucciarlo!”. La maestra presente li sostiene confermando: “si, non sono capaci.”

Io provo a dir loro che non è così, che secondo me ce la possono fare e chiedo loro di provare.

Non percependo entusiasmo distribuisco ugualmente i mandarini e pretendo che ci provino. Inizio la sbucciatura per tutti, incidendo con l’unghia la buccia, perché quello è l’ostacolo maggiore per svolgere l’attività.

Tutti, compresa la più piccola di 2 anni e mezzo, ci riescono, ovviamente.

Non avevo dubbi.

Ad essere perplessi erano proprio i bambini.

Erano rassegnati all’idea di non essere capaci, senza per questo sentirsi a disagio o dispiaciuti. Ciò che mi ha colpito è stata la mancanza di voglia di provarci, la mancanza di interesse per “fare da soli”.

Sono convinta che genitori, educatori, nonni abbiamo il dovere e la responsabilità di non lasciar credere ai bambini d’essere incompetenti.

Dovrebbero invece fare attenzione a che non si spenga in loro la fiammella della curiosità (come la definiva Montessori) e della gioia di scoprire e conoscere.

I bambini si tutelano abolendo il giudizio e non limitandosi ad insegnare, ovvero mettere dentro, ma volendo educare, ovvero tirar fuori, dando spazio al desiderio, alla curiosità e alla passione, che l’adulto dovrebbe “solo” tutelare.

Un bambino è capace a fare qualcosa quando compie l’azione al massimo delle sue possibilità, che ovviamente, non corrispondo alle nostre. Che non sappiano vestirsi alla perfezione, con la pulizia gestuale che è propria dell’adulto, non significa che non sappiamo vestirsi; che si lavino le mani non sciacquandole a sufficienza non vuol dire che non sappiamo farlo.  Significa invece che hanno necessità di fare esercizio, di ricevere consiglio sulla precisione da impiegare, sulla gestualità da compiere, sulle attenzioni necessarie per eseguire meglio.

Il loro agire è migliorabile, certo, come il nostro del resto. Potranno farsi maggiormente abili se avranno la possibilità di provare, sbagliare, esercitarsi e sfruttare i consigli che riceveranno.

Quando versandosi l’acqua con la brocca, toccando il bordo del bicchiere rovesceranno l’acqua della tovaglia, non diciamo loro che non sanno versarsi l’acqua da soli, ma mostriamo loro dove è stato l’errore, riconoscendogli comunque la competenza.

 

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L’età della socialità

brothers-1878178_960_720 I tempi dei bambini per diventare esseri sociali sono molto personali.

Alcuni bambini di due anni hanno piacere a stare con altri bambini, giocare in gruppo, salutare chi si incontra, accettare perfino una carezza, rivolgere uno sguardo o dire il proprio nome. Altri bambini, no. Preferiscono rimanere in disparte, guardare, stare a casa, salutano poco, difficilmente rispondono ad un estraneo e non si lanciano in attività di gruppo.

Genitori e maestre dovrebbero rispettare l’indole e il temperamento di ciascuno non forzando i tempi ,ma lasciando che il bambino faccia e parli quando si sente pronto a farlo.

“Saluta dai! non fare il timido! “Non essere sciocco!” “come sei! Ti ha solo accarezzato!” “vai a giocare con lei”

Forzare la socialità può rallentare il piacere a stare con gli altri.

Alcune persone si buttano in una nuova avventura senza timore, altri fino a quando non si sentono sicuri di riuscire alla perfezione nell’intento non si sbilanciano. Anche i bambini sono così. Ad esempio durante il periodo di sviluppo linguistico alcuni bambini parlano già quando il loro linguaggio ancora è incerto e poco comprensibile non spaventandosi della possibilità di non essere compresi. Altri bambini  invece, nel periodo che precede l’esplosione del linguaggio pronunciano pochissime parole solo quelle che sanno esprimere con precisione. Lo stesso può valere per la componente sociale: bambini espansivi, pronti al confronto anche in terreno poco sicuro convivono con bambini sociali ed espansivi a casa propria, con i parenti stretti ma che nel gruppo allargato si bloccano, rallentano, osservano, attendono perché non si sentono sicuri. Ciò non significa che i primi siano buoni e i secondi sciocchi,ma sono bambini con un differente temperamento ed una personale indole.

Accettare questa specificità significa permettere ai bambini di non trovarsi in difficoltà o in situazioni che non saprebbero gestire. Ecco perché sarebbe meglio INVITARE a salutare un estraneo, INVITARE a partecipare ad un laboratorio, INVITARE a giocare con un altro bambino rassicurando il bambino che non succederebbe nulla se lo facesse, che può stare sereno, senza insistere, tanto meno obbligare.

Quando il bambino si sentirà pronto e volenteroso ci proverà, lo farà e ci troverà pronti a sostenerlo e di incoraggiarlo.

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Dire “no” con dolcezza, si può.

portrait-317041_960_720“No! non andare!”

“No! non toccare!”

“No! Aspettami!”

Quando dobbiamo “fermare” un bambino spesso lo facciamo con tono secco, scortese, faccia corrucciata, a volte gridando. Probabilmente per mostrarci più forti o più convinti.

Se ci rivolgessimo ad un coetaneo, ovvero un adulto, a cui dovessimo dire “no!” lo faremmo con altrettanta severità e durezza? O diremmo forse: “No…mi scusi….questo è il mio carrello, l’ho appena preso..” non diremmo certo: “No! lasci il carrello. Subito!”.

Ciò ci dimostra che siamo capaci a dire no, dolcemente, con calma. Per chiunque è più semplice rispondere ad un comando se questo viene dettato con fermezza, calma e rispetto. Perché con i bambini dovrebbe essere diverso?

Un valido esercizio che come genitori ed educatori possiamo fare, per cercare di essere meno violenti durante l’affermazione di un “no!” è quello di provare a non usare più la parola “no!” per indicare il giusto agire al bambino”.

Proviamo a trasformare dei comandi:

“non ti alzare che batti la testa!” diventa “stai basso basso, come un gattino”

“non mangiare con le mani!” diventa  “usa la forchetta per imboccarti”

“non aprire tanto il rubinetto, allaghi tutto!” diventa “apri poco il rubinetto, riuscirai a gestire meglio l’acqua!”

” non toccare!” diventa “allontana la mano!”

“non lanciare! diventa “appoggia piano!”

In questo modo il comando sarà più significativo, perché il “NO!” si arricchisce del suggerimento per fare bene l’azione. Inoltre sarà un intervento costruttivo e non costrittivo. Il bambino saprà qual’è il modo giusto per fare quella cosa e non solamente che non lo deve fare, ciò lo renderà più rapidamente padrone di buone ed efficaci pratiche. Senza il giusto “suggerimento” il bambino magari si fermerà ugualmente, ma non avrà imparato cosa avrebbe dovuto fare e, alla prossima occasione, è facile che sbaglierà di nuovo.

Non dimentichiamoci che dire “no”, non significa sgridare, ma dare un consiglio, un orientamento. Daremmo un consiglio a qualcuno con la faccia ed il tono della voce arrabbiati? Credo di no. Pensiamo al no come ad un consiglio, per fare meglio, e comunichiamolo di conseguenza.

Avviciniamoci al bambino con il quale dobbiamo comunicare, ciò renderà più semplice abbassare il tono della voce ed essere, quindi, più gentili.

A volte si deve dire “no”.

Ma si può dire “no” sorridendo, si può dire “no” abbracciando, si può dire “no” tenendo la mano e sussurrando.

Ciò renderà il bambino maggiormente predisposto ad ascoltarci ed il messaggio più significativo.

Urlare e arrabbiarsi mentre si sta offrendo al bambino un insegnamento (come è il “no”) è controproducente perché è difficilissimo, se non impossibile, apprendere in un clima ostile.

Creiamo collaborazione, un clima agevolativo ed empatico, i nostri bambini si mostreranno certamente più “bravi” ad ascoltare e capire.

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Nenè con l’acqua fa da sé

Montessoriacasa è lieta di presentare a tutti il primo volume della collana

“Piccole avventure Montessori” edita da Carthusia.

Nenè, un piccolo allegro bambino,  è il protagonista della collana, insieme a Cocco e Conì Coniglio, inseparabili compagni, vive divertenti avventure domestiche!foto-nene-1

Nené è un personaggio semplice, autonomo, curioso, intraprendente, divertente, vivace: tutte caratteristiche che troviamo in ogni bambino lasciato libero di mostrarsi nella sua vera natura. Ecco per me Nenè vuole essere un bambino senza etichette, un bambino che non teme di sbagliare, perché attraverso gli errori scopre quotidianamente un po’ di sé, un po’ degli altri”

Nené può far da sé, ma solo se qualcuno glielo permette offrendogli la possibilità di un ambiente organizzato e sicuro a sua misura, in cui poter serenamente sperimentare la libertà delle proprie azioni.

In questa visione illuminata, illuminante e ancora attuale sta la vetta dell’insegnamento di Maria Montessori, conosciuta per il metodo che ha trasformato il mondo dell’educazione, con il suo lavoro ha spostato l’attenzione da chi insegna a chi impara, da chi in silenzio ascolta a chi fa attivamente seguendo un interesse interiore. Oggi il suo metodo, che non prevede voti né punizioni, è diffuso in molte scuole del mondo, conosciute appunto come “Case dei Bambini”.

in libreria dal 13 ottobre! 

Buona lettura!!