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“Ma che fai?!”

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Nina, 2014 “il porta spezie”

“Ma che cosa stai facendo..?” pensano mamma e papà, vedendo una figlia arrampicarsi su un porta spezie.

Ho ritrovato questa foto e ho pensato di condividere una riflessione. Nina, si era stufata di infilare i barattoli delle spezie nei fori (attività di sviluppo della manualità fine). Il suo interesse stava andando altrove: movimento, equilibrio, provare a rispondere alla domanda “riuscirò a salire qua sopra in piedi?”.

Noia e/o  frustrazione invitano i bambini a ripensare a ciò che hanno davanti:

“Mi sono stancato di pestellare…. adesso uso il pestello da microfono!”

“Non riesco ad infilare questa perla nel filo: lancio tutto!”

Questo pensiero, non lo rendono esplicito, ovviamente, e ciò che offrono all’adulto è solo il comportamento che ne consegue: il lancio di perle e filo, la cantata a squarciagola con il pestello e l’arrampicata!

La Montessori la chiamava umiltà, quella virtù del genitore e della maestra di rivedere un proprio progetto o una propria intenzione a favore del bisogno del bambino.

Il pensiero umile è: “Di ciò che stai facendo, che ti ho allestito e proposto con gioia ed entusiasmo, non te ne può importare di meno. Ora hai bisogno d’altro”.

L’altra virtù che Montessori, forse troppo fiduciosa nel genere umano, attribuiva all’adulto educante è la pazienza.

il pensiero paziente è: “Ora ti osservo per qualche istante “maltrattare” il  mio lavoro per capire dove diamine vuoi andare a parare….che cosa vuoi?”

Il bambino agendo mi dice delle cose, la mia predisposizione all’ascolto e all’accoglienza della sua estrosità, mi può far capire il suo volere.

Ora è tempo di agire.

La parola attenta ed amorevole può manifestarsi:

“Non hai più voglia di pestellare. Forse ti sei stancato. Riponi pestello e mortaio e cerca qualcos’altro da fare che ti interessi. Se ti torna la voglia di pestellare, sai dov è!”

“Sei stufa di infilare i barattoli delle spezie. Riponiamolo e usciamo, andiamo in giardino, potremmo arrampicarci un po’”

“Non riesci ancora ad infilare le perle nel filo. Non preoccuparti, vedrai che con un po’ di esercizio diverrai abile Riponiamo il lavoro insieme. Vuoi infilare questi bottoni nella scatola forata? o preferisci fare altro?”

Ma stava già cantando con il pestello e arrampicandosi, perché impedirglielo?

Il pestello non è un microfono e il porta spezie non è un rialzo. Il loro scopo è un altro. Confondere e liberamente interpretare gli scopi degli oggetti non è sempre possibile (se mi pettino i capelli con la forchetta come Ariel, non mi è consentito.. così come bere dal vaso dei fiori, giocare a palla con la sfera in vetro della neve…) e la capacità di discernere possibile da impossibile, pericoloso/innocuo, igienico/anti-igienico non può essere posseduta da un bambino piccolo (matura con il tempo), pertanto il pestello pestella e basta.

Per ogni azione un oggetto, uno spazio ed un tempo.

Indicare questi confini è responsabilità dell’adulto educante, scegliere cosa si ha voglia di fare è diritto del bambino.

 

 

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Sbucciare il mandarino!? Non sono capace!!

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In una scuola dell’infanzia, offrendo un mandarino con buccia a ciascun bimbo presente, assisto ad una scena che mi fa riflettere.

Tutti i bambini, ricevuto il mandarino, abbassano lo sguardo e sussurrano: “ma io non so sbucciarlo!”. La maestra presente li sostiene confermando: “si, non sono capaci.”

Io provo a dir loro che non è così, che secondo me ce la possono fare e chiedo loro di provare.

Non percependo entusiasmo distribuisco ugualmente i mandarini e pretendo che ci provino. Inizio la sbucciatura per tutti, incidendo con l’unghia la buccia, perché quello è l’ostacolo maggiore per svolgere l’attività.

Tutti, compresa la più piccola di 2 anni e mezzo, ci riescono, ovviamente.

Non avevo dubbi.

Ad essere perplessi erano proprio i bambini.

Erano rassegnati all’idea di non essere capaci, senza per questo sentirsi a disagio o dispiaciuti. Ciò che mi ha colpito è stata la mancanza di voglia di provarci, la mancanza di interesse per “fare da soli”.

Sono convinta che genitori, educatori, nonni abbiamo il dovere e la responsabilità di non lasciar credere ai bambini d’essere incompetenti.

Dovrebbero invece fare attenzione a che non si spenga in loro la fiammella della curiosità (come la definiva Montessori) e della gioia di scoprire e conoscere.

I bambini si tutelano abolendo il giudizio e non limitandosi ad insegnare, ovvero mettere dentro, ma volendo educare, ovvero tirar fuori, dando spazio al desiderio, alla curiosità e alla passione, che l’adulto dovrebbe “solo” tutelare.

Un bambino è capace a fare qualcosa quando compie l’azione al massimo delle sue possibilità, che ovviamente, non corrispondo alle nostre. Che non sappiano vestirsi alla perfezione, con la pulizia gestuale che è propria dell’adulto, non significa che non sappiamo vestirsi; che si lavino le mani non sciacquandole a sufficienza non vuol dire che non sappiamo farlo.  Significa invece che hanno necessità di fare esercizio, di ricevere consiglio sulla precisione da impiegare, sulla gestualità da compiere, sulle attenzioni necessarie per eseguire meglio.

Il loro agire è migliorabile, certo, come il nostro del resto. Potranno farsi maggiormente abili se avranno la possibilità di provare, sbagliare, esercitarsi e sfruttare i consigli che riceveranno.

Quando versandosi l’acqua con la brocca, toccando il bordo del bicchiere rovesceranno l’acqua della tovaglia, non diciamo loro che non sanno versarsi l’acqua da soli, ma mostriamo loro dove è stato l’errore, riconoscendogli comunque la competenza.

 

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Perché scegliere il bello?

Perché i nostri bambini meritano di vivere in un ambiente bello? cosa significa bello? bello è ciò che è interessante, funzionale, significativo, che può emozionare, colpire e di conseguenza far crescere. Il legno è un materiale naturale, vivo, caldo  profumato, ideale per un bambino in formazione che sta costruendo il suo vocabolario sensoriale ed emozionale. Il bambino ha il diritto di avere a che fare con cose vere, belle, interessanti che possano regalargli sensazioni importanti e significative fondamentali per lo sviluppo dell’intelligenza. La via dei sensi è la strada percorsa dal bambino nei primi anni di vita: egli si forma come uomo attraverso ciò che vede, tocca, annusa, assaggia e sente esplorando e vivendo l’ambiente che abbiamo pensato per lui. L’arredamento dei suoi spazi di vita gli forniscono il nutrimento psichico di cui ha bisogno per svilupparsi.

Sabato 19 novembre 2016 presso la falegnameria Gardiman, http://www.gardiman.it, a Biella, Montessoriacasa in collaborazione con falegnameria Gardiman presenterà il primo pezzo della linea di arredamento per l’infanzia pensata per offrire al bambino un ambiente a sua misura, funzionale, che favorisca l’autonomia, che sia naturale e naturalmente…bello.

Non mancate!

vi aspettiamo dalle 15.00 alle 19.00.

In quest’occasione verrà offerta una merenda speciale a cura di Merende diverse, http://www.merendediverse.com, ci sarà uno spazio dedicato ai bambini e Ruggero Poi, formatore Montessori, presenterà “NENE’ CON L’ACQUA FA DA SE’,  il primo volume della collana per bambini edita da Carthusia, piccole Avventure Montessori.

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Nenè con l’acqua fa da sé

Montessoriacasa è lieta di presentare a tutti il primo volume della collana

“Piccole avventure Montessori” edita da Carthusia.

Nenè, un piccolo allegro bambino,  è il protagonista della collana, insieme a Cocco e Conì Coniglio, inseparabili compagni, vive divertenti avventure domestiche!foto-nene-1

Nené è un personaggio semplice, autonomo, curioso, intraprendente, divertente, vivace: tutte caratteristiche che troviamo in ogni bambino lasciato libero di mostrarsi nella sua vera natura. Ecco per me Nenè vuole essere un bambino senza etichette, un bambino che non teme di sbagliare, perché attraverso gli errori scopre quotidianamente un po’ di sé, un po’ degli altri”

Nené può far da sé, ma solo se qualcuno glielo permette offrendogli la possibilità di un ambiente organizzato e sicuro a sua misura, in cui poter serenamente sperimentare la libertà delle proprie azioni.

In questa visione illuminata, illuminante e ancora attuale sta la vetta dell’insegnamento di Maria Montessori, conosciuta per il metodo che ha trasformato il mondo dell’educazione, con il suo lavoro ha spostato l’attenzione da chi insegna a chi impara, da chi in silenzio ascolta a chi fa attivamente seguendo un interesse interiore. Oggi il suo metodo, che non prevede voti né punizioni, è diffuso in molte scuole del mondo, conosciute appunto come “Case dei Bambini”.

in libreria dal 13 ottobre! 

Buona lettura!!

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Al Parco giochi che fatica!

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E’ domenica mattina, decido di portare le mie due figlie ( 1 anno e 3 anni) al parco giochi vicino casa, desiderosa di trascorrere un’oretta di relax in compagnia delle mie bambine che potranno incontrare e relazionarsi con altri bambini e mettersi alla prova per ciò che concerne equilibrio, forza, velocità, precisione, concentrazione, ecc.

Purtroppo dopo poco minuti mi trovo a dover giustificare il perché lascio una bambina di un anno passeggiare sola per il pargcogiochi, perché permetto alla grande di arrampicarsi sullo scivolo al contrario e molto altro e mi chiedo: perché non ci sono, nei parco giochi, dei limiti invalicabili per genitori e nonni? perché non lasciamo che i bambini discutano, chiedano scusa o permesso, stiano insieme o soli, scendano dallo scivolo o vadano sull’altalena a discrezione del loro desiderio?

“metti la mano qui per passare!”

“vai un po’ sull’altalena, sei sempre sullo scivolo!”

“questo non va bene per te, lascia stare. Vieni qui.”

“non si capace!”

“scendi a fai andare questo bambino, noi andiamo di la”

Spostati!girati! tirati su, ti sporchi!, piano! corri un po’!……”

Come possono i bambini, in questo clima, divenire competenti fisicamente e relazionalmente?

Se lo scivolo è libero, nessuno vuole scendere, perché un bambino non può tentare di risalirlo? qual è il vero motivo? temiamo cada? è maleducato? non piace a noi? temiamo il giudizio degli altri genitori presenti?

Perché i bambini imparino a coordinarsi, ad essere prudenti, ad evitare ostacoli, così come ad essere esseri sociali hanno bisogno di sperimentare! di cadere (un po’) di sporcarsi, di discutere, di arrabbiarsi!

un papà, un giorno, mi disse: “guardi che sua figlia è salita li da sola!”

“l’ho vista, grazie” risposi io.

“ma non ce la fa!” aggiunse lui.

“non si preoccupi, se è salita è perché se la sente, grazie.” dissi.

I bambini lasciati liberi di muoversi, dall’inizio della vita, conoscono il loro corpo, le loro capacità e le loro incapacità, sono prudenti. Secondo me, quel che dobbiamo fare e tenerli al riparo dalla distrazione, non parlare loro mentre sono impegnati in un esercizio e dando loro dei consigli utili perché non si mettano in pericolo, quello vero!.

“Metti bene le mani!”

“concentrati e guarda davanti.”

“quando scendi parliamo, adesso presta attenzione a quel che fai!”

Inoltre dovremmo cercare di mantenere una distanza di sicurezza che permetta loro di sentirsi liberi di provare così come di venire da noi o chiamarci se ne sentono l’esigenza, ma la nostra presenza non dovrebbe essere assillante, invadente.

Scegliamo il parcogiochi che meglio risponda alle esigenze dei nostri bambini, in base alla loro età e ai loro gusti e poi, stiamogli vicino, ma alla giusta distanza.

 

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Aiutami a fare da me, incontri con i genitori

Domani sera 21 giugno 2016,

a Candelo (BI) via IV novembre 17, presso Trovatempo, la città delle Famiglie, incontriamo le famiglie per confrontarci su come possiamo favorire l’autonomia e l’indipendenza dei bambini nel rispetto dì sé, degli altri e dell’ambiente.

L’incontro è aperto a tutti e gratuito.

Mamme, papà, nonni, educatori vi aspettiamo!

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COME SI FA AD UBBIDIRE A MAMMA E PAPA’?

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Il bimbo, quando nasce, è fatto di istinti.

La sua mente inconscia e naturale lo guida attraverso il percorso di crescita fisica e spirituale.

Un giorno, scopre che ad un desiderio si può ubbidire, agendo per soddisfarlo.

“Voglio quella palla” è il suo pensiero e le sue mani rispondono muovendosi per afferrarla.

E’ l’inizio della strada dello sviluppo dell’ubbidienza.

I grado dell’ubbidienza

Il bambino quando comincia a dirigere le sue mani e il suo corpo per il raggiungimento di scopi che si è prefissato, entra in quello che Maria Montessori definisce il primo grado dell’ubbidienza.

“So riconoscere i miei bisogni e sono capace a rispondere alla mia volontà”.

E’ un lavoro complesso, lungo e fondamentale per lo sviluppo della personalità dei bambini e tutti hanno il diritto di sperimentare e affinare questa competenza.

Fare dei progetti per se stessi, per crescere e conoscere attraverso l’intervento sull’ambiente.

Spesso, gli adulti, non concedono questo spazio e questo tempo ai bambini, dirigendoli ed indicandogli costantemente la strada da percorrere: “gioca con questo!” “andiamo a leggere!” “vieni a mangiare, lavati!, corri!, riposa!, guarda!, tocca! sorridi! fai ciao! batti le mani! etc…”.

Il bambino deve imparare a sapere quel che vuole e come ottenerlo.

Deve imparare ad ascoltarsi e a riconoscere i suoi bisogni.

L’adulto deve essere consapevole di non poter condurre il volere del bambino, se non forzandolo o costringendolo.

Questa consapevolezza consentirà al bambino un ampio campo d’esplorazione e solo così, il piccolo uomo, potrà procedere verso il secondo grado dell’ubbidienza.

II grado dell’ubbidienza

Ad un certo punto, intorno ai 3/4 anni, il bambino scopre che esiste anche la volontà altrui e che non sempre è in linea con la sua.

Il bambino, padrone di se stesso e in quanto essere sociale, inizia a sperimentare l’ubbidienza ad una volontà altra, ad esempio quella di mamma e papà. Ora il bimbo, ai comandi che riceve dagli adulti ( “prendi la giacca”, andiamo a dormire”, “ riordina quel libro”, siediti un istante ad aspettare”) a volte RIESCE a rispondere positivamente, altre volte no.

E’ un’alternanza sana e fisiologica in quanto il bambino sta imparando ad ubbidire. Spesso l’adulto non accetta questa alternanza e, sentendosi rispondere “si” una volta, pretende che ciò avvenga sempre.

Ma ciò è impossibile.

Solo l’esercizio e l’assenza di giudizio e punizioni permettono un sano ed armonioso sviluppo di una certa competenza.

Il bambino per imparare ad ubbidire (serenamente e con piacere) a qualcuno deve aver sperimentato e imparato ad ubbidire a se stesso.

III grado dell’ubbidienza

Con il tempo il bambino impara a dare maggiore costanza ed ordine a questi due fronti che dialogano con lui: la propria volontà e la volontà degli altri.

Dai 5/6  anni, guarda caso, è il periodo in cui i bambini iniziano a giocare insieme, a stare alle “regole del gioco”, a comprendere che oltre a se stessi esistono anche gli altri.

Da qui in poi, se si è lasciato il tempo al bambino di maturare secondo natura, egli è desideroso di ubbidire ai genitori, ai maestri, desidera ricevere sapere, richieste, perché vuole accrescere la sua persona. Il bambino vuole imparare continuamente cose nuove e gli adulti diventano la fonte principale per arricchire la loro persona ed apprendere nuove competenza e conoscenze.

Da questo periodo il potere dell’adulto di influire sullo sviluppo morale ed etico del piccolo è enorme, perché egli vede nell’adulto una vera e preziosa fonte di sapere.

L’ubbidienza diventa un piacere e una continua occasione per arricchire se stessi.

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Aiutami a fare da me

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Aiutami a fare da me” è forse lo slogan più famoso di Montessori. Facilitami la vita, dandomi un ambiente accessibile ed interessante, perché io possa riuscirci con le mie forze.

Spesso è però frainteso, come molte delle sue affermazioni, purtroppo.

Vuole che le metta le scarpe, anche se è capacissimo!!!

vorrebbe che l’aiutassi a mangiare, come se ne avesse bisogno!

vuole dormire nel lettone, ma stiamo scherzando!? ognuno nel suo letto.

camminiamo e vuole essere presa in braccio, con tre anni!!!

Queste richieste altro non sono che bisogno d’amore. Ci dicessero: “Mamma, ti voglio bene”, sarebbe molto più semplice comprendere il loro gesto d’affetto..

Queste frasi celano richieste e dimostrazioni di amore.

Forse vi vedono poco, forse se non fanno “disperare” non ricevono attenzione, forse stanno crescendo e hanno un po’ paura, forse hanno solo voglia di vicinanza, di contatto con la loro mamma o il loro papà.

Aiutami a fare da me, significa altro.

Significa: cerco di fare un po’ meno perché tu possa fare di più.

Con gradualità, con buonsenso, seguendo il ritmo di crescita del bambino e non dettandone uno nostro. E’ un lavoro che va iniziato fin da subito, anche quando sostituirsi ad un cucciolo di neanche un anno non peserebbe affatto. Quella sostituzione, però, pesa al bambino, allo sviluppo della sua autostima e della fiducia in se stesso. Le abilità acquisite non le sente totalmente come proprie e sarà abituato a dipendere dagli stimoli ed indicazioni esterne. “E adesso? cosa devo fare? cosa posso imparare?”.

Ti aiuto quanto serve.

Dobbiamo cambiare il pannolino: sai toglierti le calzetta solo? bene, fallo tu, io farò il resto.

Dobbiamo mangiare: due bocconi li puoi mangiare da solo? bene, io ti darò gli altri.

Dobbiamo allacciare la giacca? bene, io inserisco la cerniera nel cursore e tu la tiri su.

facciamo un pic-nic? le tue mani e bocca piccole hanno bisogno di un panino piccolo? ti farò un panino morbido e piccolo perché tu possa mangiarlo da solo, come me.

Il mio aiuto descresce in proporzione alla tua conquista di autonomia, non so come, quando, di quanto, ma questa è la strada e sarai tu, bambino mio, a guidarmi.

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Attività di cucito

Montessoriacasa, su Uppa, racconta come allestire, a casa, un’attività sul cucito!
logo_uppa.pngBuona lettura!

Metodo Montessori: attività sul cucito