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Fidati di me!  Educare nella fiducia

 

baby-3109433_960_720.jpgSono al parco giochi con le mie figlie. Mi guardo intorno e vedo un nonna cercare di fermare il nipote dal raccogliere qualcosa da terra, dopo qualche tentativo questa è la frase che ne esce: 

“Se lo tocchi ti giuro che ti sgridò così tanto da non farti dormire stanotte”

Quest’affermazione che potrebbe apparire scioccante è, probabilmente, l’ultimo tentativo di una nonna disperata dal non riuscire a farsi obbedire che ha terminato strategie e pazienza.

La domanda che dovremmo porci non è tanto perché quel bambino non faccia ciò che gli viene chiesto, quanto:

Perché questo bambino non si fida di quello che dice la nonna?

La fiducia è un sentimento che va conquistato e con il quale bisogna prendere confidenza.  Fidiamoci del bambino per fargli sperimentare e vivere la fiducia. In questo modo saprà riconoscere questo sentimento e riservarlo anche all’adulto educante.

La minaccia, la punizione e il ricatto si materializzano quando la parola dell’adulto non è, agli occhi del piccolo, sufficientemente significativa né riconosciuta come una guida, una guida di cui fidarsi.

Per educare nella fiducia, dovremmo far si che il bambino possa riconoscere il valore delle nostre parole, fidarsi di quelle parole perché scelte e pensate per supportarlo nel percorso di crescita. Se il bambino percepirà la maggior parte delle parole dell’adulto come ostacolo egli tenderà a non riconoscere ed ascoltare neanche quelle significative.

Ciò renderà più facile la strada a ricatti, punizioni o minacce.

Perché il bambino impari a fidarsi serve che le parole dell’adulto abbiano una ricaduta concreta sulla vita del bambino: egli deve poter sperimentare quanto quelle parole lo possano aiutare, per davvero.

Ad esempio proviamo a dire:

“Sorreggi la brocca con due mani, così non rischierai di farla cadere”.

“Non parlare mentre ti arrampichi: sarai più concentrato”

invece che:

“Lasciala giù che la rompi!”

“scendi che è pericoloso!”

Ciò lo renderà sensibile alla parola dell’adulto e il bambino imparerà a fidarsi di quelle parole perché saprà che saranno state scelte per la sua crescita e il suo benessere. Se il bambino si limita a percepire la parola dei “grandi” come ostacolo al soddisfacimento dei suoi bisogni o alla realizzazione dei suoi progetti tenderà a mettere in dubbio e in discussione costantemente quella stessa parola, anche quando questa vorrebbe essere davvero d’aiuto e di sostegno:

“ Dobbiamo andare, è troppo freddo ora.”

Prima di parlare l’adulto dovrebbe ponderare attentamente quali parole pronunciare con quale giustificazione e con quale tono per non sprecare occasioni di relazione serena che sa di fiducia e per cercare nel bambino un collaboratore, non un avversario.

Si innescherà così un circolo virtuoso: più il bambino sperimenterà che le parole ricevute sono un aiuto alla crescita più darà fiducia a quelle parole e meno egli sarà predisposto alla difensiva e al dubbio.

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I BAMBINI ANIMATI

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Animatore

Animazione

Animare i bambini.

Animare significa dar vita, infondere l’anima.

Come se i bambini l’anima non la possedessero, come se l’adulto fosse indispensabile per la crescita personale dei cuccioli d’uomo.

L’adulto spesso si crede capace di plasmare l’essere che il bambino in realtà è sin dalla nascita. 

I superpoteri che gli adulti si attribuiscono sono sconfinati. 

Succede che il bambino nasca con tratti personali molto distanti dall’ideale di mamma e papà e ciò può turbare, destabilizzare l’adulto. Il desiderio di “raddrizzare”, “reindirizzare” quell’animo verso terre più conosciute si fa sentire. 

Ciò che non si conosce spaventa, meglio mutarlo o travestirlo perchè diventi più rassicurante.

Così può succedere che inconsciamente, o con consapevolezza, l’adulto tenti verbalmente e relazionalmente di “modificare” il comportamento, il pensiero, l’atteggiamento del bambino per renderlo simile a se o al proprio ideale.

Lottando con la sua persona, combattendo perché egli cambi a favore dell’adulto.

E’ una strada ardua e costantemente in salita poiché i bambini sono forti e si battono con caparbietà, costanza fino a che resistono.  

Ma i bambini non hanno bisogno di questo. 

I bambini necessitano di silenzio, di calma e di tempo per conoscersi, per ascoltare la voce di quell’anima che c’è dentro di loro e che già ha una sua definizione e attende semplicemente d’essere scoperta, in primis dal bambino e poi da chi gli  sta accanto.  

Montessori lo chiamava Il segreto dell’infanzia quel mistero custodito nell’animo di ciascun bambino che va lasciato libero di manifestarsi, di farsi vedere e scoprire. 

Il genitore dovrebbe porsi curioso e trepidante di assistere allo sbocciare del proprio bambino, gradualmente, giorno dopo giorno. 

Senza fretta, senza pregiudizi, senza progetti, ma solo con la responsabilità di farsi modello di giustizia, bontà, gentilezza, comprensione, calma ed intelligenza valori che andranno ad integrarsi con il carattere del bambino, che si incarneranno in lui con naturalezza, pazienza e gradualità.

Il bambino, facendosi adulto, imparerà ad adattare la sua persona ai vari contesti, alle esigenze familiari e sociali per farsi uomo sociale.

Cosa gli piacerà? Cosa odierà fare? Con quali strategie tenterà di aver ragione? Quali saranno i suoi punti di forza? La dialettica? La simpatia? L’ironia? Amerà la solitudine o il chiasso? Farà facilmente sforzo fisico o amerà tribolare nel cercare il termine più corretto? Come dimostrerà il suo affetto, riempiendo di baci o con un sorriso? piangerà se triste, urlerà o si chiuderà nel silenzio?

Nessuno lo può sapere, perché l’essere umano è in unica copia. 

Lasciamo che egli cresca secondo il suo disegno e quello di nessun altro.

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ALT ai pennarelli fino ai 4 anni!

color-787251_960_720Si, può sembrare un’affermazione un po’ forte. Ma chi non è d’accordo che un pennarello sia un’arma in mano ad un cucciolo di due o tre anni?! Non solo per divani, tavoli, muri, vestiti o armadi, ma anche per lo sviluppo della loro competenza manuale.

Perché la matita colorata?

La matita colorata, il pastello per intenderci, necessita di concentrazione per “funzionare”. Se viene impugnato in modo scorretto, quando si traccia non si vedrà alcun risultato. Inoltre con il pastello è necessario scegliere la pressione da utilizzare e il bambino può facilmente comprendere, in autonomia, che troppa poca pressione non genera traccia e per ottenere un tratto spesso bisogna usare molta pressione.

Così il bambino dovrà ragionare sull’utilizzo dello strumento, sperimentarlo, introiettando quali sono le azioni necessarie per ottenere il risultato voluto.

Cosa succede invece con il pennarello?

Qualsiasi impugnatura scelga il bambino, lo strumento funzionerà. Può tracciare guardando altrove. Qualsiasi pressione faccia il risultato non cambia.

E’ un materiale, ovviamente, povero dal punto di vista del potere educativo: non insegna al bambino, l’attenzione, l’impegno, la calma e la concentrazione così come la gestione della frustrazione e non gli permette di “lavorare” sull’impugnatura giusta che gli occorrà al tempo della scrittura.

Un tempo per ogni cosa

Montessori dava occasione al bambino di prepararsi alla scrittura molto prima che fosse giunto il tempo di scrivere questo perché, quando intorno ai 4 anni, il bambino mostra interesse per le lettere, la sua mano sarà già educata a rispondere ai comandi, a seguire una traccia, a mantenere una posizione, a rallentare, curvare. Questo perché sarà una manina allenata ed educata.

Come si educa la mano?

Offrendo continue occasioni di affinamento del coordinamento motorio: infilare, sfilare, aprire, chiudere, separare, così come tracciare con matite e pennelli. Più le esperienze saranno formative, interessanti e un po’ sfidanti, maggiormente e più in fretta il bambino diverrà abile.

I bambini non amano più i pennarelli che pastelli, ma spesso sono abituati a “non faticare troppo” per ottenere ciò che desiderano. La sua frustrazione immediata difronte alla difficoltà spesso viene accolta rimuovendo l’ostacolo, invece che insegnando a gestire l’impotenza.

La matita colorata è uno strumento più complicato e quindi viene offerto al bambino più grande. Il pennarello che è “facile” a quello più piccolo.

Ma questa scelta è comoda, non educativa.

Il facile pennarello, va conquistato.

Perché sono stati inventati i pennarelli lavabili e a tossici?  Perché sono stati messi nelle mani di bambini incompetenti (non per colpa loro, ma per naturale immaturità).

Un bambino di 5 anni, se possiede “mani educate” difficilmente si sporcherà tutte le dita tracciando, o i vestiti, o muri, divani, tavoli e sedie così come difficilmente lo metterà in bocca per sapere che sapore ha .

Un bambino di 5 anni userà i pennarelli, non come mezzo di esplorazione, ma come strumento per colorare grandi superfici, per inventare personaggi, storie ed avventure, esprimersi e rielaborare vissuti.

Invertite la tendenza! Alt ai pennerelli fino ai 4 anni a casa e a scuola.

Ne gioveremo tutti: mamma, papà, muri, divani e naturalmente i bambini (a lungo termine…)!

 

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“La libertà, non è star sopra un albero, non e neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione” G.Gaber

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La libertà

E’ tempo di riflette sul termine libertà, su chi sia un bambino libero, su cosa comporti in termini educativi.

Spesso incontro genitori “schiavi” della libertà dei propri figli, incapaci di dire “no” credendo di limitare il proprio figlio ingiustamente e così limitano se stessi, tacciono i loro bisogni e le loro emozioni per dare spazio solo al volere dei più piccoli.

Ma la libertà è partecipazione, per essere liberi occorre saper guardare ed ascoltare gli altri. Educare alla libertà significa educare all’ascolto e al rispetto, prima di tutti di mamma e papà.

Quando si parla di bambini liberi, spesso ci si immagina un bimbo, anche molto piccolo che sceglie costantemente: cosa fare, cosa mangiare, come vestirsi, se andare a fare la spesa, se stare seduto a tavola, se prendere la macchina o andare a piedi forse decide anche per mamma e papà, se possono parlare, se devono giocare, a volte se possono addirittura farsi la doccia…

Questo però, non è un bambino bambino libero, ma un bambino cui vengono delegati compiti e responsabilità educative che non gli competono ma che dovrebbero essere in carico al genitore.

Spesso decidere per i bambini o lasciare che siano loro ad auto-gestirsi, sono scorciatoie “facili” che non prevedono la fatica dell’equilibrio.

Immaginiamo di dover rispondere ad un bambino, di 3 anni che vuole vestirsi in autonomia al mattino.

Esisto tre strade percorribili:

No, scelgo io 

Scegli pure quello che vuoi 

Puoi scegliere tra questo. (dopo aver selezionato capi adeguati alla stagione e al contesto)

La terza via è quella che richiede per il genitore, il maggior investimento di tempo e di energia, ma è anche quella più rispettosa del bambino.

Affidare ad un bambino di tre anni la gestione di un armadio 4 stagioni, consentendogli di uscire di casa a gennaio con vestiti dell’estate, non significa lasciarlo libero, ma farlo disperdere in un mare troppo vasto perché lui lo  possa governare.

Un bambino libero non è senza limitazioni, anzi conosce benissimo i confini, sa rispettarli, sa contenersi e gestire la frustrazione come la rabbia e la noia. Questi limiti gli sono stati presentati da sempre, con amore e comprensione, non come punizioni ma come aiuto alla vita.

Un bambino libero accetta il “no” perché conosce il “si”.

Egli ha sperimentato in modo graduale, commisurato alla suo grado di maturità, l’azione libera vivendosi le relative conseguenze e le eventuali frustrazioni.

Attraverso i “no” possiamo educare alla libertà. Concedendo sempre maggiore spazio al bambino mano a mano che diventa competente. Una volta che il bambino conquista un’abilità (ad esempio la capacità di salire le scale o di mangiare, o di pettinarsi) nessuno gliela potrà togliere o limitare.

Dove è libero un bambino?  Dove è in grado di gestirsi, dove sa agire senza essere irrispettoso, offensivo o doloso verso di sé, gli altri o l’ambiente.

Pretendere l’attenzione dell’adulto perché si vuole parlare in quel preciso istante è offensivo e irrispettoso. Ma il problema sta nell’adulto che lo concede: se due adulti stanno parlando ed un bambino di inserisce nella discussione pretendendo l’attenzione immediata, dovrà ricevere una limitazione.

Attendi un istante, tesoro. Sto parlando. Appena ho finito ti ascolterò.” Questa risposta non è “crudele”, ma educa alla libertà insegnando una regola sociale: la mia libertà inizia dove finisce la tua.

Il contesto giusto, per il bambino,  in cui sperimentare limiti, regole, sociali, frustrazione o rabbia è proprio quello familiare, perché in nessun altro contesto sarà mai così amato, accolto ed ascoltato, nel suo malessere.

La libertà si conquista gradualmente, i genitori devono desiderare concedere libertà ed educare bambini liberi, ovvero capaci di limitarsi per garantire e proteggere la libertà di tutti.

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Montessoriacasa in Sardegna!

Montessoriacasa dal 16 al 29 Agosto sarà in Sardegna!

cala-goloritze-2277644__340Se qualche associazione, gruppi di genitori, cooperative, società, scuole, fossero interessate ad organizzare una serata per le famiglie sull’educazione a casa, scrivete a Montessoriacasa@gmail.com!

Di recente Montessoriacasa è stato ospitato a Bormio, dall’associazione Educattivamente e grazie al loro impegno, abbiamo incontrato una gremita sala conferenze delle Terme con oltre 150 persone!

Di seguito il link per vedere un piccolo estratto della serata..

https://www.facebook.com/educattivamentebormio/

Buona estate!

 

 

 

 

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Genitori esigenti

board-1500370__340“E’ stato qui due ore! Mi ha tartassato di domande, di ogni genere: Quando uscite? cosa fate? perché c’è questo? perché c’è quello? dove mangiano? chi li serve? dove li cambiate? quanti bimbi sono? E basta! Non se ne poteva più!”

Io invece ritengo giusto che i genitori siano esigenti. Gentili e rispettosi, ma esigenti, di sapere cosa, come e perché. I primi anni di vita del bambino sono di fondamentale importanza per la costruzione della loro persona, sono gli anni in cui l’ambiente che vivono li forma e quindi è giusto pretendere il meglio.

Quando scegliamo il posto dove far trascorrere le giornate a nostro figlio (siano 4, 8, 10 ore) dovremmo accertarci che sia il meglio che si possa offrirgli.

Non mi è piaciuto molto, le maestre non mi parevano un granché, ma è comodo, non costa molto…

Credo che scegliere una buona scuola, con valide maestre per i propri figli sia un buon investimento sul futuro. Ci si sacrifica per la macchina, le vacanze, la casa ma per la scuola dei propri bambini si fa fatica

Una scuola vale l’altra..!”

No, io non credo.

Ci sono maestre capaci e preparate che lavorano in ambienti belli, accoglienti, curati e stimolanti. E ci sono maestre che svolgono il loro lavoro con superficialità, incompetenza, svogliatezza in ambienti poco curati, non pensati, abbozzati.

La qualità la fanno le maestre.

Una cara amica e collaboratrice, mi disse: Diffidiamo da una maestra che non sappia rispondere ai perché che i genitori le pongono. Ogni cosa che viene fatta, detta o posta in ambiente DEVE avere una spiegazione perché deve essere fonte di una scelta ponderata.

Allora, ecco alcune indicazioni su come io ho scelto, sceglierei e consiglierei di scegliere la scuola (nido, scuola materna, scuola primaria..) per i figli.

Scelgo la scuola in cui:

1 i genitori possono visitare gli spazi e conoscere le maestre;

2 i bambini possono accompagnare i genitori nella visita…..

2 gli ambienti sono ben illuminati, puliti, arredati con gusto e con oggetti integri e belli;

3 c’è uno spazio esterno;

4 la maestra saluta sia noi (genitori) che il nostro (o i nostri) bambino con un sorriso;

5 bimbi di età differente vivono insieme almeno alcuni momenti della giornata;

6 l’autonomia è realmente favorita: al nido e scuola materna i bambini si possono vestire e svestire da soli senza fretta, collaborano nel momento del pasto in modo attivo (a casa bisogna correre, a scuola no), dormono quando sono stanchi, vengono invitati al cambio quando sporchi;

7 le attività proposte dalle maestre al gruppo sono facoltative;

8 la maestra ci parla in modo gentile e calmo;

9 ad ogni risposta che pongo la maestra sa darmi una solida motivazione;

10 non ci sono moltissimi bambini

visto che le scuole si possono cambiare se non soddisfano le nostre esigenze, confermerei la frequenza in una scuola in cui:

1 quando arrivo non sento sempre piangere qualcuno

2 la maestra mi accoglie al congedo con le stesso sorriso del mattino

3 mio figlio è sereno e contento di andare a scuola

4 la maestra sa regalarmi un piccolo aneddoto della giornata trascorsa

5 i vestiti sono sporchi di terra…

6 l’ultima informazione che mi viene data è se ha mangiato tutto

7 i bambini si salutano tra di loro (almeno scuola materna e primaria)

8 le maestre salutano con gentilezza ed affetto ciascun bambino che lascia la struttura

9 ai colloqui individuali sanno parlarci del NOSTRO bambino

10 i bambini hanno il tempo di “annoiarsi”

Sono solo alcuni consigli ovviamente, i nomi e le targhe non fanno di una scuola una buona scuola.

Solo il nostro istinto ci può guidare così come il benessere dei nostri bambini. Essere esigenti è un dovere in quanto primi responsabili dell’educazione dei nostri bambini; affidiamoli a  chi ci convince e monitoriamo di aver fatto la scelta giusta. Chiediamo ogni volta che abbiamo un dubbio su una scelta fatta dalle maestre e diffidiamo se non otteniamo risposte.

Cerchiamo costantemente la continuità educativa tra scuola e casa perché un ambiente educativo ordinato ed armonico non può che fare bene ai nostri bambini.

Interessiamoci a ciò che hanno fatto, ciò che non hanno fatto, come sono stati con gli altri, durante il pasto, durante l’addormentamento, l’uscita…

E ricordiamo sempre che la compagnia di mamma e papà rimarrà sempre insostituibile!

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Al Parco giochi che fatica!

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E’ domenica mattina, decido di portare le mie due figlie ( 1 anno e 3 anni) al parco giochi vicino casa, desiderosa di trascorrere un’oretta di relax in compagnia delle mie bambine che potranno incontrare e relazionarsi con altri bambini e mettersi alla prova per ciò che concerne equilibrio, forza, velocità, precisione, concentrazione, ecc.

Purtroppo dopo poco minuti mi trovo a dover giustificare il perché lascio una bambina di un anno passeggiare sola per il pargcogiochi, perché permetto alla grande di arrampicarsi sullo scivolo al contrario e molto altro e mi chiedo: perché non ci sono, nei parco giochi, dei limiti invalicabili per genitori e nonni? perché non lasciamo che i bambini discutano, chiedano scusa o permesso, stiano insieme o soli, scendano dallo scivolo o vadano sull’altalena a discrezione del loro desiderio?

“metti la mano qui per passare!”

“vai un po’ sull’altalena, sei sempre sullo scivolo!”

“questo non va bene per te, lascia stare. Vieni qui.”

“non si capace!”

“scendi a fai andare questo bambino, noi andiamo di la”

Spostati!girati! tirati su, ti sporchi!, piano! corri un po’!……”

Come possono i bambini, in questo clima, divenire competenti fisicamente e relazionalmente?

Se lo scivolo è libero, nessuno vuole scendere, perché un bambino non può tentare di risalirlo? qual è il vero motivo? temiamo cada? è maleducato? non piace a noi? temiamo il giudizio degli altri genitori presenti?

Perché i bambini imparino a coordinarsi, ad essere prudenti, ad evitare ostacoli, così come ad essere esseri sociali hanno bisogno di sperimentare! di cadere (un po’) di sporcarsi, di discutere, di arrabbiarsi!

un papà, un giorno, mi disse: “guardi che sua figlia è salita li da sola!”

“l’ho vista, grazie” risposi io.

“ma non ce la fa!” aggiunse lui.

“non si preoccupi, se è salita è perché se la sente, grazie.” dissi.

I bambini lasciati liberi di muoversi, dall’inizio della vita, conoscono il loro corpo, le loro capacità e le loro incapacità, sono prudenti. Secondo me, quel che dobbiamo fare e tenerli al riparo dalla distrazione, non parlare loro mentre sono impegnati in un esercizio e dando loro dei consigli utili perché non si mettano in pericolo, quello vero!.

“Metti bene le mani!”

“concentrati e guarda davanti.”

“quando scendi parliamo, adesso presta attenzione a quel che fai!”

Inoltre dovremmo cercare di mantenere una distanza di sicurezza che permetta loro di sentirsi liberi di provare così come di venire da noi o chiamarci se ne sentono l’esigenza, ma la nostra presenza non dovrebbe essere assillante, invadente.

Scegliamo il parcogiochi che meglio risponda alle esigenze dei nostri bambini, in base alla loro età e ai loro gusti e poi, stiamogli vicino, ma alla giusta distanza.

 

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Acqua sul fuoco: come placare i bollenti spiriti

L’adulto quando è stanco, ne è consapevole e sa darsi una spiegazione: ho dormito poco stanotte, ho lavorato come un matto, ho esagerato in palestra…. e, di conseguenza, mette in campo delle strategie per gestire la sua stanchezza. Il bambino, spesso incapace di dare un nome a quella strana sensazione che è la stanchezza, si arrabbia non riuscendo a governare con lucidità il suo corpo e il suo pensiero. Ciò scatena una serie di comportamenti disordinati (urla, lancio di oggetti, pianti, aggressività…) dei quali il bambino è in balia.

Una reazione “violenta” dell’adulto non fa che acuire tali manifestazioni ed è solo una risposta calma e ferma che può favorire l’insorgere di pace nel bambino. Un valido aiuto per il genitore è l’acqua, un elemento naturalmente calmante e rassicurante. Ecco allora che proporre al bimbo un’attività con l’acqua può essere una scelta vincente. Allestiamo una bacinella o usiamo il lavandino e proponiamo di lavare delle pentoline o gli animaletti, di travasare con la spugna o anche solo di immergere le mani o i piedi nell’acqua. Lasciamo lavorare i bambini in libertà, senza intrometterci, indicando con precisione quelle che sono “le regole del gioco”. Ad esempio: “L’acqua non deve uscire dalla bacinella. Arrotolare le maniche e mettere il grembiulino. Far entrare nell’acqua solo oggetti in plastica e metallo ovvero quelli che non possono rovinarsi con l’acqua, etc..”.

A questo punto l’adulto dovrà intervenire, sussurrando e chinandosi a misura del bambino, solo per ribadire le regole che non vengono rispettate.

Quando un bimbo è stanco non desidera condividere, confrontarsi, giocare insieme, rispondere a domande. E’ pertanto preferibile lasciarlo giocare solo e accorrere esclusivamente se ci reclama.

I benefici psichici e fisici che possono trarne sono immediati.

Spesso è sufficiente un banale contatto con l’acqua: riempire il lavandino e permettere al bambino di immergere le mani e le braccia. Oppure riempire il bidet (o una bacinella) prendere uno sgabellino e offrire un pediluvio. I bambini amano anche dedicarsi ai grandi lavaggi: lavare una sedia, un tavolo, ne parleremo prossimamente…

Altrimenti, ecco alcune idee (se possibile è preferibile allestire le attività in bagno….):

Lavaggio della bambola

srotolare a terra un tappetino.

offrire una bambola in plastica. Spogliarla. predisporre una bacinella, una spugnetta, un sapone di marsiglia (liquido o in saponetta), un asciugamano.

insaponare la spugna.

immergere la bambolina come fosse un bambino (sostenendo la testa),

prendere la spugna e insaponare la bambolina nominando le parti del corpo che vengono strofinate. sciacquare la bambola con la mano.

asciugarla e rivestirla.

lasciare ora il bambino lavorare in autonomia.

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Travaso con la spugna

srotolare a terra un tappetino.

allestire due bacinella, una contente dell’acqua e l’altra vuota.

all’interno della bacinella con acqua immergere una spugna morbida.

inzuppare la spugna.

sollevarla e trasportarla nell’altra bacinella.

strizzare la spugna.

ripetere l’operazione fino al completo travaso dell’acqua da una bacinella all’altra.

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