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Sbucciare il mandarino!? Non sono capace!!

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In una scuola dell’infanzia, offrendo un mandarino con buccia a ciascun bimbo presente, assisto ad una scena che mi fa riflettere.

Tutti i bambini, ricevuto il mandarino, abbassano lo sguardo e sussurrano: “ma io non so sbucciarlo!”. La maestra presente li sostiene confermando: “si, non sono capaci.”

Io provo a dir loro che non è così, che secondo me ce la possono fare e chiedo loro di provare.

Non percependo entusiasmo distribuisco ugualmente i mandarini e pretendo che ci provino. Inizio la sbucciatura per tutti, incidendo con l’unghia la buccia, perché quello è l’ostacolo maggiore per svolgere l’attività.

Tutti, compresa la più piccola di 2 anni e mezzo, ci riescono, ovviamente.

Non avevo dubbi.

Ad essere perplessi erano proprio i bambini.

Erano rassegnati all’idea di non essere capaci, senza per questo sentirsi a disagio o dispiaciuti. Ciò che mi ha colpito è stata la mancanza di voglia di provarci, la mancanza di interesse per “fare da soli”.

Sono convinta che genitori, educatori, nonni abbiamo il dovere e la responsabilità di non lasciar credere ai bambini d’essere incompetenti.

Dovrebbero invece fare attenzione a che non si spenga in loro la fiammella della curiosità (come la definiva Montessori) e della gioia di scoprire e conoscere.

I bambini si tutelano abolendo il giudizio e non limitandosi ad insegnare, ovvero mettere dentro, ma volendo educare, ovvero tirar fuori, dando spazio al desiderio, alla curiosità e alla passione, che l’adulto dovrebbe “solo” tutelare.

Un bambino è capace a fare qualcosa quando compie l’azione al massimo delle sue possibilità, che ovviamente, non corrispondo alle nostre. Che non sappiano vestirsi alla perfezione, con la pulizia gestuale che è propria dell’adulto, non significa che non sappiamo vestirsi; che si lavino le mani non sciacquandole a sufficienza non vuol dire che non sappiamo farlo.  Significa invece che hanno necessità di fare esercizio, di ricevere consiglio sulla precisione da impiegare, sulla gestualità da compiere, sulle attenzioni necessarie per eseguire meglio.

Il loro agire è migliorabile, certo, come il nostro del resto. Potranno farsi maggiormente abili se avranno la possibilità di provare, sbagliare, esercitarsi e sfruttare i consigli che riceveranno.

Quando versandosi l’acqua con la brocca, toccando il bordo del bicchiere rovesceranno l’acqua della tovaglia, non diciamo loro che non sanno versarsi l’acqua da soli, ma mostriamo loro dove è stato l’errore, riconoscendogli comunque la competenza.

 

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bambini dipendenti

SAMSUNGIo e Nina amiamo passeggiare. Durante I primi mesi della sua vita approfittavo dei suoi lunghi sonni per fare lunghe camminate con lei stretta a me nella fascia. Percorrevo anche 3-4 km alla volta. Ora Nina cammina e adora farlo il più possibile. Le nostre camminate sono molto cambiate: usciamo di casa, rientriamo dopo un’ora e magari abbiamo fatto solo il giro dell’isolato. Io mi prefiggo sempre una meta, spesso in maniera troppo ottimistica..ma quando usciamo per passeggiare, e non per andare in luogo preciso, decido di seguire il suo ritmo e i suoi desideri, come lei ha fatto con me quando era in fascia…

Così quando siamo in casa, quando mangiamo, quando è ora di dormire…in ogni occasione cerco di darlelibertà di scelta, ovvero cerco di ascoltare quello che è il suo volere.

La libertà di scelta non si limita a fargli fare un gioco piuttosto che un altro. Concedere libertà è una scelta che comorta costanza, coerenza e un po’ di fatica e sacrificio. Noi genitori possiamo offrire ai bimbi già molto piccoli di scegliere come codurre la loro esistenza. Possiamo farci accompagnatori e lasciare che lui si orienti nel mondo seguendo i suoi gusti, la sua indole, i suoi desideri così come facciamo noi, mostrandogli limiti, regole e rispetto per l’altro. Odieremmo chi provasse ad impedirci di fare ciò che deisideriamo. I limiti che noi adulti poniamo a noi stessi, sono doveri che abbiamo introiettato. Essi servono per tutelarci e per poter convivere civilmente con gli altri. Ma al di fuori di questi obblighi che riconosciamo e rispettiamo, scegliamo ogni iorno come trascorrere il no

stro tempo.

SAMSUNG Perchè deve essere un privilegio solo dell’adulto? PErchè il piccolo uomo nno goderne già in tenera età? Principalmente perchè temiamo di perdere il “potere” e il controllo su di lui.

Ma un’alternativa è possibile.

Possiamo concedere al bambino la libertà. Possiamo lasciare ceh scelga come muoversi, dove stare, quanto mangiare, la velocità con cui fare le cose, cosa fermarsi ad ammirare.

E’ naturale e scontato che ciò debba avvenire nel rispetto di certe regole base indiscutibili, ma all’interno delle quali il bambino può sentirsi libero id spaziare invece che continuamente condotto dall’adulto: “ Fai questa! Gioca con quello! Guarda questo! mangia quello! stai dritto! non saltare! fai piano! non toccare! non mettere in bocca! muoviti! calmati! cammina! fai in fretta! non urlare! fai ciao con la manina!”

La dipendenza dagli altri è una condizione che solitamente connotiamo negativamente, ma bisogna ricordare che le “regole relazionali” si imparano e si introiettano qandi si è bambini.

I bambini dipendenti saranno adulti dipendenti. Dopo la mamma cercheranno sempre qualcuno che indichi loro cosa fare, come, quando e perche’.

“A volte ho l’impressione che mio figlio mi comandi”. Questa sensazione possiamo leggerla come il desiderio del bambino di scegliere per la sua vita: egli desidera essere padrone della propria eistenza, coem l’adulto. Non vuole essere comandato, ma neanche gli importa comandare!

La sua personalità è in formazione. Egli ha bisogno di spazio e tempo per emergere, di occasioni per crescere e manifestarsi e noi genitori abbiamo il privilegio di poter essere i primi spettatori!

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Il nostro “ bruchetto” ha bisogno di tempo, di spazio, di libertà per dispiegare le ali e farsi farfalla. Ciò lo sa fare da solo. Noi dobbiamo soltanto aiutarlo a non cascare dal ramo.

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Bambini manichini

scarpe-bimbo Età: 6 anni: Bambino portato a scuola con il passeggino

Età: 5 anni: Bambina vestita da capo a piedi dalla nonna dopo lezione di danza in  palestra.

Età 4 anni: Bambino che mangia imboccato dall’adulto.

Ne vedo di continuo di situazioni simili a queste: bambini che hanno l’età per potersi vestire, muovere e nutrirsi autonomamente completamente sostituiti dall’adulto. Ciò che più mi colpisce e mi lascia amareggiata è la loro rassegnazione. Non sono arrabbiati, ma abituati. Si guardando intorno mentre alzano un braccio o un piede per essere vestiti, mentre vengono trasportati, mentre aprono la bocca per essere imboccati.

Perchè non si ribellano?

Perchè l’hanno già fatto, senza successo, quando avevano 2 o 3 anni d’età. Quando erano nel pieno del periodo sensitivo dell’ “aiutami a fare da me!”. 

Li vedo i bimbi all’uscita di scuola (nido e materna) che urlano e si dimenano perchè vogliono mettere giacca e scarpe da soli, perchè vogliono lavarsi le mani o perchè vogliono camminare per uscire. Ma non gli è permesso: la mamma, il papà o i nonni hanno fretta! E poi perchè “non sono mica capaci da soli! Avranno tutto il tempo per farlo loro!”. 

Così, lentamente, la rabbia del bimbo che reclama autonomia, che l’adulto chiama capriccio, si placa, lasciando spazio alla rassegnazione.

Un giorno, però, quando il bimbo ha 8/9 anni, l’adulto dice “Basta! Ora sei grande e ti devi arrangiare!“.

Ecco, l’adulto ha deciso. Il piccolo deve diventare un ometto, autonomo, bravo e responsabile.

Ma bisogna ricordare che l’autonomia, al pari del camminare, del parlare ha bisogno d’essere seminata e coltivata nel momento opportuno. Il bambino ci mostra precisamente quando ciò deve avvenire, ci sono anni in cui ci chiede autonomia con tutta la forza che possiede. Ma l’adulto interpreta queste richieste forti come capricci. Non si fa interprete del bambino. Non legge il bisogno vitale nascosto dietro alla “scenata isterica“.

Questo momento ideale per lo sviluppo dell’autonomia passa. Dopo, più tardi, per il bambino sarà una grande fatica essere indipendente. Perchè non sarà più spinto da un impulso interiore, da un desiderio profondo, ma dall’obbligo imposto dall’adulto. Vestirsi, camminare, lavarsi da solo saranno un peso, un sacrificio, non una gioia ed una soddisfazione.

Tutto questo per cosa?

Per non ritardare di 10/15 minuti il rientro a casa?

Per non svegliarsi un po’ prima al mattino?

Per non impiegare qualche minuto in più all’uscita della scuola?

Per non accorciare gli spostamenti a piedi?

Io sono fermamente convinta che siano sacrifici che l’adulto deve compiere, perchè, l’autonomia, l’indipendenza, l’autostima sono diritti che il bambino deve vedersi riconosciuti.