Montessoriacasa racconta di bimbi alle prese con oggetti pericolosi……Buona lettura!
https://www.uppa.it/educazione/montessori/montessori-come-usare-forbici-e-coltelli/
Montessoriacasa racconta di bimbi alle prese con oggetti pericolosi……Buona lettura!
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“Aiutami a fare da me” è forse lo slogan più famoso di Montessori. Facilitami la vita, dandomi un ambiente accessibile ed interessante, perché io possa riuscirci con le mie forze.
Spesso è però frainteso, come molte delle sue affermazioni, purtroppo.
Vuole che le metta le scarpe, anche se è capacissimo!!!
vorrebbe che l’aiutassi a mangiare, come se ne avesse bisogno!
vuole dormire nel lettone, ma stiamo scherzando!? ognuno nel suo letto.
camminiamo e vuole essere presa in braccio, con tre anni!!!
Queste richieste altro non sono che bisogno d’amore. Ci dicessero: “Mamma, ti voglio bene”, sarebbe molto più semplice comprendere il loro gesto d’affetto..
Queste frasi celano richieste e dimostrazioni di amore.
Forse vi vedono poco, forse se non fanno “disperare” non ricevono attenzione, forse stanno crescendo e hanno un po’ paura, forse hanno solo voglia di vicinanza, di contatto con la loro mamma o il loro papà.
Aiutami a fare da me, significa altro.
Significa: cerco di fare un po’ meno perché tu possa fare di più.
Con gradualità, con buonsenso, seguendo il ritmo di crescita del bambino e non dettandone uno nostro. E’ un lavoro che va iniziato fin da subito, anche quando sostituirsi ad un cucciolo di neanche un anno non peserebbe affatto. Quella sostituzione, però, pesa al bambino, allo sviluppo della sua autostima e della fiducia in se stesso. Le abilità acquisite non le sente totalmente come proprie e sarà abituato a dipendere dagli stimoli ed indicazioni esterne. “E adesso? cosa devo fare? cosa posso imparare?”.
Ti aiuto quanto serve.
Dobbiamo cambiare il pannolino: sai toglierti le calzetta solo? bene, fallo tu, io farò il resto.
Dobbiamo mangiare: due bocconi li puoi mangiare da solo? bene, io ti darò gli altri.
Dobbiamo allacciare la giacca? bene, io inserisco la cerniera nel cursore e tu la tiri su.
facciamo un pic-nic? le tue mani e bocca piccole hanno bisogno di un panino piccolo? ti farò un panino morbido e piccolo perché tu possa mangiarlo da solo, come me.
Il mio aiuto descresce in proporzione alla tua conquista di autonomia, non so come, quando, di quanto, ma questa è la strada e sarai tu, bambino mio, a guidarmi.
Montessoriacasa, su Uppa, racconta come allestire, a casa, un’attività sul cucito!
Buona lettura!
La nostra bimba di quasi tre anni, ha una sorella di quasi 6 mesi.
L’addormentamento l’abbiamo sempre gestito alternativamente io e il papà. Mamma o papà è uguale.
Nata la piccola, giustamente, la mamma è diventata un po’ più preziosa perché condivisa e quindi a volte addormento Nina, a fianco del suo letto, con coccole e canzoni e la piccola sta con papà.
A volte però, la mamma è necessaria per entrambe e così accompagno Nina al sonno allattando Lea.
Ieri sera, in preda alla stanchezza e alla gelosia un po’ piagnucolando, esorta: “Adesso do un calcio alla Lea!!!!!”.
Non l’ha fatto, ha saputo resistere alla tentazione forse perché troppo stanca o perché conscia che non sarebbe cambiato nulla, anzi, in quel modo oltre a ciucciare la tetta avrebbe anche pianto a squarciagola!
Dopo qualche minuto di silenzio e due carezze della mamma, singhiozzando, mi chiede:
“Mamma mi racconti che voglio dare un calcio alla Lea?!”
“Certo, amore.”
Questa richiesta è da leggere come il desiderio di comprendere i suoi sentimenti e la consapevolezza di non saperlo fare da sola.
Attraverso la mia narrazione dettagliata della situazione, si è tranquillizzata e addormentata sorridendo.
“La tua sorellina è piccola, non può aspettare la mamma se ha fame, come invece sai fare tu che se un po’ più grande! Anche tu quando eri neonata appena chiamavi la mamma accorreva velocissima, non potevo farti attendere! Ora le mie parole riescono a consolarti, a volte, vero? altre volte, invece, devo prenderti in braccio e coccolarti tanto tanto! Tra un po’ di tempo Lea crescerà e saprà stare un po’ più di tempo lontana da mamma e sarà felice di stare anche sola con il papà! Anche a te piace stare con papà vero? ecc.”
La narrazione degli eventi quotidiani può rivelarsi molto utile per aiutare il bambino nella rielaborazione dei vissuti e delle proprie emozioni, una sorta di analisi degli eventi che può chiarire sentimenti, accadimenti del bambino stesso e degli altri che vivono con lui: la scuola, la visita dal dottore, il lavoro di mamma e papà, la visita alla nonna, la gita sulla neve!
Oltre alle storie classiche, la lettura dei libretti, spesso è molto gratificate e piacevole per il bimbo sentirsi raccontare semplicemente la propria giornata o ciò che accadrà domani o la gita che abbiamo in programma per il fine settimana!!
per una crescita libera.
https://www.uppa.it/educazione/montessori/montessori-pikler-lautonomia-e-la-liberta/
Fermarsi all’apparenza della manifestazione comportamentale del bambino, ci conduce spesso a fraintendere la vera motivazione che lo spinge ad agire.
I bambini, in piena formazione, stanno imparando a dare un nome ai loro sentimenti, ma ancora non sono “esperti”, a volte faticano a riconoscere la rabbia, la noia, la gelosia, la nostalgia, la stanchezza e vestono queste strane emozioni senza nome con comportamenti che conoscono molto bene: “Mamma mi aiuti a disegnare?” può celare una necessità relazionale profonda e non bisogno di aiuto a svolgere l’attività. Potrebbe essere gelosia, il bimbo vorrebbe ricevere lo sguardo della mamma, magari impegnata con un fratellino. Oppure semplice bisogno di affetto e di attenzione.
Questo non significa che non debba riceverne, anzi dovremmo offrirgliene ancora di più e aiutarlo nella lettura dei suoi sentimenti.
Disegnando con lui potremmo dirgli: “Stiamo bene insieme?” “Avevi tanta voglia di fare qualcosa con la mamma?” Dopo qualche tempo potrebbe riuscire a dirci: “Mamma stai un po’ con me?”.
Un bimbo di due anni, ad esempio, abilissimo nel mangiare autonomamente, una sera chiese: “Papà mi imbocchi?”. Il papà, strabuzzando gli occhi, rispose “Ma certo che no! sei bravissimo da solo!”. Il bimbo scoppiò a piangere, smise di mangiare e chiese di essere preso in braccio. Il padre insistette a non aiutarlo, continuando a sostenere quanto il bimbo fosse bravo, grande, autonomo. Ma il problema era proprio questo: essere grande, bravo e autonomo.
Per un attimo voleva essere piccolo, dipendente e impacciato proprio come la sua sorellina di pochi mesi in braccio alla mamma!
Il bimbo ha cercato una modalità comunicativa con cui aveva confidenza (chiedere di essere imboccato) per esprime un’emozione. Era troppo piccino per poter dire: “ Papà sono geloso, voglio anch’io essere piccolo come lei e stare in braccio alla mamma, ma siccome lei è impegnata, non è che mi coccoleresti un po’ tu?”.
Non essendosi sentito compreso, il bimbo scese da tavola, con gli occhi bassi, rassegnato.
Il padre a questa reazione concluse con: “Se non hai più fame, mangerai domani!”.
Come potrà sentirsi il bambino? Cosa può aver compreso da questa situazione?
Giovani Genitori è un portale ed una rivista che si rivolge a mamme e papà, parlando di genitorialità a 360 gradi. Montessoriacasa, poteva mancare??
L’adulto quando è stanco, ne è consapevole e sa darsi una spiegazione: ho dormito poco stanotte, ho lavorato come un matto, ho esagerato in palestra…. e, di conseguenza, mette in campo delle strategie per gestire la sua stanchezza. Il bambino, spesso incapace di dare un nome a quella strana sensazione che è la stanchezza, si arrabbia non riuscendo a governare con lucidità il suo corpo e il suo pensiero. Ciò scatena una serie di comportamenti disordinati (urla, lancio di oggetti, pianti, aggressività…) dei quali il bambino è in balia.
Una reazione “violenta” dell’adulto non fa che acuire tali manifestazioni ed è solo una risposta calma e ferma che può favorire l’insorgere di pace nel bambino. Un valido aiuto per il genitore è l’acqua, un elemento naturalmente calmante e rassicurante. Ecco allora che proporre al bimbo un’attività con l’acqua può essere una scelta vincente. Allestiamo una bacinella o usiamo il lavandino e proponiamo di lavare delle pentoline o gli animaletti, di travasare con la spugna o anche solo di immergere le mani o i piedi nell’acqua. Lasciamo lavorare i bambini in libertà, senza intrometterci, indicando con precisione quelle che sono “le regole del gioco”. Ad esempio: “L’acqua non deve uscire dalla bacinella. Arrotolare le maniche e mettere il grembiulino. Far entrare nell’acqua solo oggetti in plastica e metallo ovvero quelli che non possono rovinarsi con l’acqua, etc..”.
A questo punto l’adulto dovrà intervenire, sussurrando e chinandosi a misura del bambino, solo per ribadire le regole che non vengono rispettate.
Quando un bimbo è stanco non desidera condividere, confrontarsi, giocare insieme, rispondere a domande. E’ pertanto preferibile lasciarlo giocare solo e accorrere esclusivamente se ci reclama.
I benefici psichici e fisici che possono trarne sono immediati.
Spesso è sufficiente un banale contatto con l’acqua: riempire il lavandino e permettere al bambino di immergere le mani e le braccia. Oppure riempire il bidet (o una bacinella) prendere uno sgabellino e offrire un pediluvio. I bambini amano anche dedicarsi ai grandi lavaggi: lavare una sedia, un tavolo, ne parleremo prossimamente…
Altrimenti, ecco alcune idee (se possibile è preferibile allestire le attività in bagno….):
Lavaggio della bambola
srotolare a terra un tappetino.
offrire una bambola in plastica. Spogliarla. predisporre una bacinella, una spugnetta, un sapone di marsiglia (liquido o in saponetta), un asciugamano.
insaponare la spugna.
immergere la bambolina come fosse un bambino (sostenendo la testa),
prendere la spugna e insaponare la bambolina nominando le parti del corpo che vengono strofinate. sciacquare la bambola con la mano.
asciugarla e rivestirla.
lasciare ora il bambino lavorare in autonomia.
Travaso con la spugna
srotolare a terra un tappetino.
allestire due bacinella, una contente dell’acqua e l’altra vuota.
all’interno della bacinella con acqua immergere una spugna morbida.
inzuppare la spugna.
sollevarla e trasportarla nell’altra bacinella.
strizzare la spugna.
ripetere l’operazione fino al completo travaso dell’acqua da una bacinella all’altra.
“Non mette mai in ordine i suoi giochi!”
“Quella stanza è sempre in disordine, non si riesce neanche a muoversi!”
“Non sa neanche quello che ha in quella stanza!”
Il riordino dei propri giochi è una conquista d’autonomia del bambino mooolto cara ai genitori!
Ma è bene sapere che, anche se è difficile da credersi, il bambino desidera abitare l’ordine con tutto se stesso.
I giochi, però, sono tutti in giro lo stesso, come mai?
I motivi possono essere svariati, tra questi: il bambino è troppo piccolo per farlo (in questo caso l’adulto deve essere il suo modello, dare al bambino continua occasione di assistere al riordino…) oppure nessuno ha mai fatto notare lui l’importanza e l’utilità del riordino, ma si è limitato a richiederlo come dovuto e basta.
Maria Montessori ci fornisce un preziosissimo consiglio a riguardo:
l’azione educativa deve iniziare dal fornire al bambino un ambiente adatto, che sia adeguato all’età, stimolante, pulito, curato ed ordinato. Il nostro agire deve svolgersi sull’ambiente, non sul bambino, il quale trarrà stimoli e occasioni da apprendimento, prima di tutto, dal suo ambiente di vita.
Spesso nelle camerette o negli angoli della casa adibiti ai giochi dei nostri bimbi c’è troppo e spesso troppo poco curato! Tantissimi giochi, di ogni natura, tutti mischiati in grandi cesti o scatoloni, impilati in modo che sia irraggiungibili (e l’adulto si spazientisce perchè deve sempre tirare giù o fuori i giochi…), alcuni giochi non funzionanti, alcuni incompleti, alcuni che non destano più alcun interesse, altri troppo difficili o troppo semplici per attrarre il bambino!
Perchè il bambino si prenda cura del suo ambiente, se ne deve innamorare, perchè ciò avvenga, l’ambiente deve essere seducente.
Come possiamo favorire ciò?
“Ma cosa sono 9 mesi? E un fratellino?
Mah! Mamma però è tutta contenta, quindi: si. Sono contenta.”
Mamma e papà ci provano a preparare i piccoli primogeniti all’arrivo del fratello, così come per altri grandi cambiamenti: cambio casa, inizio dell’asilo…
“Lo sai che fra un pochino andiamo ad abitare in un’altra casa?”
“Tra due settimane iniziamo l’asilo! sei felice?”
Chiaramente agiamo con le migliori intenzioni, spinti dal desiderio di aiutarlo ad affrontare al meglio il cambiamento e con la voglia di condividere con lui il dolce sapore dell’attesa, come ben ci insegna la volpe del Piccolo Principe….
Ma la capacità di prevedere cosa succederà, come ci si sentirà dopo un cambiamento, nel bambino piccolo ancora non si è sviluppata. Il bimbo vive nel qui ed ora, vive il presente con tutto se stesso. La consapevolezza di ieri e domani come quella di sé e gli altri, cresce con lentezza. Ciò va considerato, rispettato e tutelato.
Mamma e papà hanno ben 9 mesi per accettare il cambiamento che avverrà, per prepararsi all’arrivo di un nuovo bimbo in famiglia: fantasticare su come saranno i bimbi insieme, la nuova vita, organizzare gli spazi di casa, i ritmi di lavoro..
Per il bambino il tempo di assestamento, di presa di coscienza, d’interiorizzazione d’accettazione inizia DOPO la nuova nascita.
E’ un pò come se qualcuno ci mettesse in braccio un neonato e dicesse: “Ecco, da oggi siete in 4!”
Oppure accompagnandoci in un posto sconosciuto dicesse: “ Da oggi lavori qui. ci trascorrerai le tue giornate.”
o ancora: “ Ecco la tua casa. Quella dove tornavi ieri non c’è più.”
Anche in questi casi estremi, l’adulto sarebbe in grado di affrontare e gestire la situazione, perchè dotato di abilità cognitive di ragionamento tali per comprendere la situazione, scegliere strategie comportamentali, gestire le emozioni improvvise….competenze che al bimbo ancora non sono concesse, ma che sta costruendo.
Il nostro piccolo vive i cambiamenti con la pancia, con tutta la sua emotività e nel momento stesso in cui in cambiamenti sono in atto.
Ecco perchè è importante accettare, accogliere e rispettare qualsiasi manifestazione spontanea del bambino di fronte al cambiamento.
Sono espressioni sincere pure e legittime della sua sua persona: qualcuno vuole toccare il bambino di continuo, qualcuno ci sta un po’ a distanza, qualcuno prova il terrore di perdere mamma e regredisce (nella parola, nell’autonomia, nel sonno, nel controllo degli sfinteri…) solo per ricevere nuove attenzioni…..
Ogni manifestazione ci parla del nostro bambino, ci parla di lui e della sua personalità, ci offre l’occasione di conoscerlo un po’ meglio.
Lo sviluppo di queste emozioni spontanee non può che avvenire all’interno dell’animo del bambino stesso con il passare del tempo, con lamore il rispetto, la pazienza e la comprensione di mamma e papà.
Concediamo ai nostri cucciolotti la loro “gravidanza post nascita…….” offriamo loro tutto il tempo necessario a prendere coscienza, a vedere il lato bello delle novità, a comprendere limiti, spazi, privilegi, occasioni di arricchimento.
Ad ogni cambiamento che riguarda anche i nostri bambini, potremmo guardare così:
“Di colpo è cambiato qualcosa di importante nella tua vita e io devo darti il tempo d’ambientarti, di comprendere, d’accettare. Tutto il tempo che ti occorre e che io mi sono già preso.”