https://www.uppa.it/educazione/montessori/i-telai-delle-allacciature/
Su Uppa, Montessoriacasa racconta i telai delle allacciature!
Buona lettura!
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Uno dei compiti più difficili per genitori e maestre è comprendere quando sia appropriato intervenire nell’attività di un bambino: più piccoli sono più è difficile.
La motivazione che spinge l’adulto ad intromettersi può nascere da svariati sentimenti, ad esempio:
-desiderio di giocare con il bimbo perché non si senta solo
-incapacità di star a guardare il bimbo mentre tenta e non riesce
-senso di colpa per non essere sufficientemente presenti
-desiderio di mostrare “come si deve fare per fare bene”
-desiderio di controllare e dirigere l’agire del bambino
A volte, invece, l’adulto interviene perché il bambino ha chiesto il suo aiuto.
E’ il bambino a doverci guidare nel nostro compito di educatori: voler decidere quando fare cosa e come farlo senza guardare e conoscere il nostro bambino è un impresa quasi impossibile!
Un bimbo di due anni e mezzo ha scelto un puzzle di 20 pezzi per formare un’immagine complicata e molto confusa. La mamma (il papà o la maestra o i nonni o la tata…) sono consapevoli che non può riuscirci da solo, perché il lavoro è obiettivamente troppo complesso. Come ci si deve porre in questa situazione?
Prima di tutto, se reputiamo che un materiale non sia appropriato al livello di sviluppo del bambino non dovremmo lasciarlo alla sua portata (anche se ce lo regalano…) dovremmo conservarlo e metterlo nell’ambiente solo al momento opportuno.
Mettiamo il caso che il bambino sia entrato in possesso di questo puzzle anche se non ancora pronto.
-genitore A: ancora prima che egli apra la scatola, esordisce con: “No, è troppo difficile per te. Dammi che lo mettiamo via.”
-genitore B: prende la scatola e dice: “vieni lo facciamo insieme” e fa il puzzle. Il bimbo osserva.
-genitore C: lascia che il bimbo inizi a fare il puzzle e dopo qualche minuto: “no, non li. mettilo qua. così! giralo….no! E’ sbagliato! prendi questo!”
-genitore D: guarda, un po’ da lontano, il bambino lavorare: aprire la scatola e cercare di trovare due pezzi combacianti. Ad un certo punto il bimbo alza la testa (1 minuto, 5 minuti, 10, 20,… )e dice: “Mi aiuti?” a questo punto il genitore si avvicina e lascia che il bimbo gestisca il lavoro, apportando il suo aiuto solo dove e quando serve.
Spesso l’adulto propone il suo aiuto prima che questo venga richiesto, ma dovremmo ricordare che la fatica, quella buona, positiva, costruttiva non può che arricchire il bambino ed aiutarlo a crescere. Finché non si trasforma in frustrazione il tentare l’esecuzione di un compito difficile, è sano, bello e formativo.
Quando il neonato non riesce a voltarsi sulla pancia e ci prova e ci prova…con tutte le sue forze senza piangere ma con lo sguardo concentrato, non ha bisogno di alcun aiuto, ma solo di tempo e spazio per provarci.
Di fondamentale importanza è però rendersi disponibili quando veniamo richiesti, essere pronti a farci coinvolgere con gioia e tempestività. Decidere di non aiutare per spronare, invece, risulta per lo più controproducente, il bambino si frustra e perde interesse per ciò che tenta di fare.
Aiutami a fare da solo, diceva Maria Montessori: aiutarmi non significa sostituisciti a me, ma dammi quel poco di aiuto quando te lo chiedo perché io possa diventare grande da solo e non sia tu a farmi grande.
L’adulto quando è stanco, ne è consapevole e sa darsi una spiegazione: ho dormito poco stanotte, ho lavorato come un matto, ho esagerato in palestra…. e, di conseguenza, mette in campo delle strategie per gestire la sua stanchezza. Il bambino, spesso incapace di dare un nome a quella strana sensazione che è la stanchezza, si arrabbia non riuscendo a governare con lucidità il suo corpo e il suo pensiero. Ciò scatena una serie di comportamenti disordinati (urla, lancio di oggetti, pianti, aggressività…) dei quali il bambino è in balia.
Una reazione “violenta” dell’adulto non fa che acuire tali manifestazioni ed è solo una risposta calma e ferma che può favorire l’insorgere di pace nel bambino. Un valido aiuto per il genitore è l’acqua, un elemento naturalmente calmante e rassicurante. Ecco allora che proporre al bimbo un’attività con l’acqua può essere una scelta vincente. Allestiamo una bacinella o usiamo il lavandino e proponiamo di lavare delle pentoline o gli animaletti, di travasare con la spugna o anche solo di immergere le mani o i piedi nell’acqua. Lasciamo lavorare i bambini in libertà, senza intrometterci, indicando con precisione quelle che sono “le regole del gioco”. Ad esempio: “L’acqua non deve uscire dalla bacinella. Arrotolare le maniche e mettere il grembiulino. Far entrare nell’acqua solo oggetti in plastica e metallo ovvero quelli che non possono rovinarsi con l’acqua, etc..”.
A questo punto l’adulto dovrà intervenire, sussurrando e chinandosi a misura del bambino, solo per ribadire le regole che non vengono rispettate.
Quando un bimbo è stanco non desidera condividere, confrontarsi, giocare insieme, rispondere a domande. E’ pertanto preferibile lasciarlo giocare solo e accorrere esclusivamente se ci reclama.
I benefici psichici e fisici che possono trarne sono immediati.
Spesso è sufficiente un banale contatto con l’acqua: riempire il lavandino e permettere al bambino di immergere le mani e le braccia. Oppure riempire il bidet (o una bacinella) prendere uno sgabellino e offrire un pediluvio. I bambini amano anche dedicarsi ai grandi lavaggi: lavare una sedia, un tavolo, ne parleremo prossimamente…
Altrimenti, ecco alcune idee (se possibile è preferibile allestire le attività in bagno….):
Lavaggio della bambola
srotolare a terra un tappetino.
offrire una bambola in plastica. Spogliarla. predisporre una bacinella, una spugnetta, un sapone di marsiglia (liquido o in saponetta), un asciugamano.
insaponare la spugna.
immergere la bambolina come fosse un bambino (sostenendo la testa),
prendere la spugna e insaponare la bambolina nominando le parti del corpo che vengono strofinate. sciacquare la bambola con la mano.
asciugarla e rivestirla.
lasciare ora il bambino lavorare in autonomia.
Travaso con la spugna
srotolare a terra un tappetino.
allestire due bacinella, una contente dell’acqua e l’altra vuota.
all’interno della bacinella con acqua immergere una spugna morbida.
inzuppare la spugna.
sollevarla e trasportarla nell’altra bacinella.
strizzare la spugna.
ripetere l’operazione fino al completo travaso dell’acqua da una bacinella all’altra.
Giuseppe, di 7 anni, sta tentando di allacciare la cintura di una sdraietta, ma non riesce a portare a termine il suo intento. E’ molto concentrato, da bravo piccolo scienziato, a comprendere il motivo del suo insuccesso. Prova ancora, con calma, sereno e curioso di capire. I suoi gesti sono lenti, passa la cintura in ogni direzione per cercare di capire l’inghippo.
Un adulto che si trova nella stessa stanza, seduto ad un tavolo con altri ospiti, lo nota e immediatamente dice: “Son due cinture, stai sbagliando. Devi passare da dietro e quell’altra va sotto, altrimenti non puoi riuscire.”
Il bambino cambia espressione. La sua concentrazione è sparita e comincia a comunicare con l’adulto che ora è diventato il suo punto di riferimento:
“cosi? è giusto? va bene?”
l’adulto tenta di guidarlo a parole per “aiutarlo” a risolvere il suo “problema”.
I gesti di Giuseppe sono diventati goffi, tenta di seguire i comandi vocali senza ben comprenderli. Dopo un po’ di tempo, non pienam
ente consapevole del processo, allaccia la cintura, senza entusiasmo.
Giuseppe voleva riuscire in autonomia ad allacciare la cintura, non avere la cintura allacciata.
Ce l’avrebbe fatta, se fosse stato solo…
Lo scopo dell’agire dei bambini è spesso comprendere il processo delle cose, non il risultato.
Era immerso nel flusso della concentrazione, dal quale sarebbe emerso vincente, appagato e cresciuto.
La Montessori la chiama pazienza: la virtù di saper attendere il manifestarsi del bambino.
Prima di intervenire deve chiedermi: E’ necessario? lo faccio per sentirmi utile ed importante o perché il bambino ne ha realmente bisogno e sta cercando aiuto?
Osservando attentamente un bambino all’opera con la vita, si può comprendere quanto spesso noi adulti siamo, in buona fede, disturbatori del loro sviluppo.
Dovremmo provare, quando le circostanze lo permettono, a farci da parte.
“E’ necessario che io diminuisca perché egli cresca” diceva Giovanni Battista.
Spesso è l’amore, il bisogno di sentirci utili che ci spinge ad agire ed intervenire nel percorso di crescita dei bambini, ma è necessario valutare ogni intervento con calma, pazienza e fiducia. Se serve è mio dovere e responsabilità supportare se invece non sono necessario, umilmente, direbbe la montessori, devo farmi da parte e osservare, osservare, osservare il bambino all’opera per la costruzione di sé.
Il problema sta nella domanda. Dovremmo piuttosto dirci:
VUOLE togliersi il pannolino COME POSSO AIUTARLO?
L’autonomia del bambino, su qualunque fronte, non può nascere dall’adulto, ma deve maturare nell’animo del bambino stesso.
Il genitore può aiutarlo prestando attenzione ai segnali che il bambino invia.
Egli, che ad 1 anno e 1/2 cerca di infilarsi o sfilarsi calze e scarpe sta mostrando, inconsciamente, il suo spontaneo interesse verso un’attività che lo condurrà sulla strada dell’autonomia. Sostituirci a lui dicendo: “Lascia fare alla mamma che tu sei piccolino, ne avrai di tempo!” significa lasciar sfumare un’occasione preziosa d’esercizio d’autonomia.
La voglia d’essere indipendente quando arriva, arriva! Su quale fronte si manifesterà lo decide unicamente il bambino : mangiare, deambulare, vestirsi, lasciare la tetta, pipì, sonno,distacco…
E questa manifestazione sarà inconscia, quando il bambino sarà pronto.
E l’adulto? dove sta?
Mamma e papà possono farsi attentissimi osservatori e uditori scrupolosi di tutti i segnali che il bambino invia, cogliendo le occasioni ,sempre anche se queste appaiono “fuori tempo”:
“No! non riesci! Lascia, faccio io.” “Dai, sei grande, fai da solo.”
Ciò blocca l’autorealizzazione del bambino verso l’autonomia e l’autostima.
I nostri bambini non nascono con il pannolino incorporato, avvicinarli a far pipì e cacca nel vasino sin da quando sanno stare seduti è un ottimo modo per far nascere in loro un’abitudine che piano piano il bimbo fa propria.
Ad ogni cambio possiamo invitarlo a sedere sul wc o vasino per vedere se scappa (l’ideale è appena sveglio, quasi certamente sarà un successo!).
Lasciare i bimbi nudi per un po’ dopo il cambio, permette loro di viversi nella loro naturalezza e di cominciare a percepire il funzionamento del corpo.
Quando poi proveranno a stare senza pannolino per un po’, accogliamo con grande calma la loro frustrazione o indifferenza o la loro immaturità e concediamo loro il tempo che occorre. Se il bimbo non progredisce, tornare indietro non rappresenta una sconfitta per nessuno! Aspettiamo ancora un po’, vuol dire che il nostro bambino è concentrato a svilupparsi su un’altra abilità!
Il momento giusto, solo il bimbo sa quale sia, noi possiamo tentare di comprenderlo! intromettersi nel naturale sviluppo è cosa ben diversa dal favorire lo sviluppo.
Intromettersi è usare il pannolino quando ci fa comodo a seconda dei nostri impegni, non curando i segnali d’interesse del bimbo. E’, ad un certo punto, magari verso i 3/4 anni, decidere di toglierlo da un giorno all’altro, magari anche arrabbiandosi perchè se la fa addosso o non vuole lasciare “la sua cacca”! Intromettersi vuol anche dire togliere il pannolino ad un anno e mezzo, sempre con estrema velocità, quando il bimbo non mostra alcun interesse, facendogli vivere molta frustrazione!
Favorire significa invece considerare il pannolino come uno strumento di aiuto per una breve fase iniziale della vita del bambino (fin verso i 18/24 mesi) che a volte c’è e a volte no, che la pipì si fa nel pannolino ma anche nel wc, nel praticello, al mare.
Favorire significa che se il bimbo non vuole indossare il pannolino glielo concediamo, con ciò che ne consegue! Significa anche accogliere con un sorriso la pipì che scappa, significa fermarsi 1.000 volte per la strada, anche quando sono falsi allarmi!
Favorire significa gradualità:
Iniziare dall’ambiente domestico (prima casa poi scuola, poi case di parenti…), prima un’oretta dopo il cambio poi per periodi sempre più lunghi…
favorire significa ordine:
il vasino è sempre in bagno, non gironzola per la casa correndo dietro alla pipì! Ciò lo aiuterà a controllare il bisogno, gradualmente…. (Posso però decidere di trasportarlo in altro ambiente e dargli un posto stabile: nella casa delle vacanze, sulla spiaggia, nel luogo del pic nic….)
Favorire significa anche ricordare che ogni bambino hai i suoi tempi, significa accogliere ciò che il bambino ci comunica, come e quando decide di farlo. Accogliere significa non giudicare, non decidere che sia presto o tardi.
Accogliere significa anche accettare incondizionatamente, senza preconcetti ed aspettative, ma protrarsi verso il nostro bambino, accompagnandolo per mano verso l’autonomia, considerandolo sempre un essere pensante e desideroso di crescere carico di autostima e di fiducia in se stesso e negli altri.
“Andiamo a fare la pipì?”, dice la mamma. “No!”, risponde il pupo.
“Eh,si! bisogna proprio andare, dai! non fare storie! non voglio sentire discussioni” ribatte la mamma.
Se è necessario fare una cosa e non si può evitare di farla, perchè chiediamo al bambino se lo vuole fare?
Se poniamo una domanda dovrebbe significare che abbiamo intenzione di prendere in considerazione la risposta!
La libera scelta è un valore importantissimo, da favorire, tutelare, stimolare attraverso reali ed autentiche libertà di scelta.
Se presentiamo più alternative è perchè è possibile che il bambino decida fra le opzioni e che la sua decisione sarà rispettata ed attuata.
Spesso la “falsa domanda” nasce perchè pare un approccio più dolce ad una situazione scomoda per il bambino e/o per l’adulto:
“Andiamo a dormire? Spegniamo il cartone? Ora laviamo i dentini? Torniamo a casa?”
Ma se una risposta negativa non è contemplata, la domanda non può far altro che irritare!
L’assertività offre al bambino ordine e sicurezza, così come le “false domande” lo lo confondono e lo fanno arrabbiare!
A lungo andare la sua razione alle domande vere potrebbe diventare:
“Cosa rispondo a fare? tanto quel che penso non conta! La soluzione già ce l’ha”.
Dovremmo cercare di porre domande le quali risposte possano essere tenute in reale considerazione:
E’ ora di fare la nanna.
Le domande che ne seguono e che potrebbero rendere il bambino protagonista di tale momento della giornata potrebbero essere, ad esempio:
Vuoi che ti racconti una storia o che ti canti un canzone?
Preferisci che ti accompagni mamma o papà?
vuoi qualche pupazzino che ti faccia compagnia o vuoi stare solo nel letto?
vuoi bere un po’ d’acqua prima di andare a letto?
Queste sono scelte che realmente il bambino può compiere e che realmente possiamo (e dobbiamo!!) rispettare. La sua autonomia di pensiero, di scelta non possono che trarne beneficio. Ciò che deve essere chiaro e definito per il bambino è il messaggio principale: è ora di fare la nanna.
Su ciò non possiamo transigere ed è importante che sia così e che si eviti:
“ Eh va bene…. non andiamo ancora a dormire….però solo un pochino va bene? quando ti dico che ora, si va!”
Le regole sono importanti e fondamentali per orientare il bambino e guidarlo. La fermezza e l’ordine delle regole rassicurano il bambino e lo aiutano nello sviluppo dell’autocontrollo e della autonomia. Quello che è importante è capire che l’ubbidienza è una conquista difficilissima per il bambino che ha tempi molto lunghi: la comprensione, l’accoglienza e il rispetto di ciò sono determinanti. Accogliere con la massima dolcezza e fermezza (non senza fatica, certamente…) le crisi di pianto, di isteria e di rabbia nei confronti di certe regole è fondamentale per essere una guida matura, stabile e rassicurante e diventare, con il tempo un punto di riferimento cruciale.
come sempre la semplicità vince: i bimbi sono attratti dalla natura, dal materiale semplice, dalla routine quotidiana, da brevi passeggiate, da attività semplici e chiare. Spesso coinvolgerli nelle attività domestiche è ciò che maggiormente dona loro gratificazione. Nulla per un bimbo piccolo è più affascinante della mamma(o del papà ovviamente…) che spolvera, bagna le piante, impasta, gira con il mestolo, riempie la lavatrice, taglia la verdura, avvita con il cacciavite, ramazza il pavimento, lucida lo specchia, lava l’insalata……
Organizzare i lavori domestici a misura di bambino è una soluzione vincente per tutti: Nina, dopo avermi vista lavare il piano della cucina, ha voluto impossessarsi del mio panno ed ha iniziato a lavare ogni cosa le capitasse sotto il naso. Così, io e il suo papà, abbiamo allestito per lei un’attività: il suo tavolo e le sue sedie li abbiamo sgomberati e trasportati in balcone. Poi abbiamo riempito una bacinella (sufficientemente grande e pesante da non essere rovesciata all’istante….) con acqua e un po’ di sapone di marsiglia per avere la tanto amata schiuma. Le ho chiesto di porgermi il panno che ancora stringeva e le ho mostrato come poter lavare il suoi tavolino e le sue seggioline. Ho immerso la spugna, l’ho strizzata accuratamente, lo appoggiata sul tavolo e con movimento lento e circolare le ho mostrato come insaponare la superficie del tavolo.
Ebbene Nina, 14 mesi, ha trascorso 20 minuti in completa autonomia a compiere con gioia e cura un lavoro, vero. Quando si è sentita soddisfatta e appagata è rientrata dal balcone, ovviamente con acqua ovunque, è venuta vicino a noi e ci ha regalato un sorriso sgargiante.
Questo dovrebbe essere sempre il senso del fare, di tutti, adulti e bambini: operare, lavorare, faticare, impegnarsi, per essere felici e migliori.
L’interesse è ciò che muove l’apprendimento. Il nostro aiuto educativo ha molto più valore e ottiene maggior successo se riguarda la materia di interesse del momento. I bambini variano spesso la loro area di interesse a seconda dei loro bisogni di crescita e sviluppo. Alcuni sono più interessati al cibo, altri al movimento grosso (camminare, arrampicarsi, saltare..) altri ai lavori di fino (infilare, sfilare, aprire, chiudere…) altri al linguaggio e così via….. Ognuno ha i propri tempi e i propri “gusti” ed è giusto rispettare le peculiarità di ciascuno. La nostra piccola Nina ha 14 mesi: la sua passione è muoversi. Camminare, correre,arrampicarsi, stare in equilibrio in posti precari, scavalcare gli oggetti e i muretti… Pertanto il miglior aiuto che possiamo offrirle èdarle SPAZIO!! Non costringerla a stare ferma. Quindi poca macchina (per quanto possibile..), poco tempo in braccio, niente passeggini, tante passeggiate, le coccole solo quando dorme (!), casa in piena sicurezza per garantirle massima libertà e così via.
Da poco più di due mesi ha iniziato ad interessarsi anche al cibo ed è per questo che ora stiamo lavorando su tutto ciò che riguarda la pappa! Assaggi di vari cibi, bicchiere in vetro, forchette “funzionanti” solo un po’ piccole…, orari il più possibile stabili..
Quel che conta è concentrarsi, come genitori, su ciò che interessa in quel momento al bambino. Se ad un bimbo non importa una certa attività, in quel periodo (camminare, parlare, mangiare, fare un lavoro..) non dateci retta! quando sarà il momento lo capirete, il vostro bambino ve lo mostrerà!
Ecco alcuni piccoli trucchetti, per favorire l’autonomia, che vorrei condividere con voi:
A TAVOLA!
Quando il bimbo si mostra interessato al cibo ponete al suo posto due cucchiaini o due forchette per mangiare, in modo che una posata sia per voi in caso di aiuto e l’altra sia per luichepossa sperimentare l’imboccarsi da solo! Anche se non porta in bocca alcun boccone, lasciatelo tenere in mano la posata e tentare come meglio può: guardandovi e affinando la sua manualità presto riuscirà.
LE SCALE CHE PASSIONE
un bimbo interessato al movimento grosso vuole fare le scale, sempre! fermandosi ad ogni gradino, un po’ a gattoni…..Se abitate in condominio e quindi possedete le scale solo condominiali (quindi troppo impegnative all’inizio!) portate il bimbo in braccio fino all’ultima rampa, poi lasciatelo concludere in autonomia! all’inizio fategli compiere solo gli ultimi due o tre gradini, poi sempre più fino a prendere confidenza con l’intera scala!
Lasciatevi guidare dalla gioia nei loro occhi: ciò che non vogliono fare non gli interessa ,non è il momento, non insistete. Qualsiasi vostro aiuto in ciò che in quel momento li attrae, li smuove sarà per loro fonte di felicità e stimolo di crescita.
Poco più di un anno fa ho iniziato a cucire a macchina. Ero assolutamente inesperta, non sapevo nemmeno accenderla! Nei primi mesi ho inceppato più volte il filo, ho cucito più volte tutto storto, ho invertito l’ordine con cui assemblare i pezzi per confezionare dei capi… Nessuno in tutto questo tempo mi ha detto cosa stessi sbagliando e come avrei dovuto fare. Attraverso la pratica, gli errori, gli accorgimenti e i tentativi sono diventa più esperta ed ho sviluppato la capacità di prevedere la conseguenza delle mie azioni. Se faccio così succede questo, ma se faccio cosà succede quest’altro. Ora sono orgogliosa di ciò che riesco a produrre, di come so usare la macchina da cucire e sono capace (quasi sempre…) di riparare i danni che combino! Perchè? Sono autonoma, al mio modestissimo livello, ma autonoma. E man mano che utilizzo lo strumento divento più precisa, più abile, più svelta e posso dare sfogo alla mia creatività.
Questa è la linea educativa che voglio dare a mia figlia: spesso noto che lei non è imprudente o maldestra, anzi è molto prudente e quando sbaglia sta solo tentando di crecere. Solo non è in grado di prevedere le conseguenze del suo agire. Sta perfezionando il movimento, l’abilità delle sue mani attraverso l’esperienza diretta con il mondo. Prova, verifica, tenta, sbaglia, ritenta. Ogni giorno consegue un piccolo grande traguardo lungo la strada della competenza. Non permetterle di sbagliare, cadere, rompere, rovesciare vuol dire impedirle di comprendere e di imparare a prevedere. Ciò che devo fare è offrirle un ambiente adatto, ovvero dove possa trovare stimoli adeguati al suo livello di sviluppo che non siano pericolosi ma neanche troppo scontati. Fare al posto suo o bloccare i suoi tentativi non le insegnerà la prudenza e la precisione, ma la renderà insicura e inesperta. Se tenta di arrampicarsi su un rialzo io le sto accanto perchè lei possa sperimentare la gravità. Magari cadrà, ma solo così potrà capire che il movimento da lei compiuto non era corretto. Se a tavola prende il bicchiere (nel quale ho versato pochissima acqua…) non la blocco per darle da bere, lascio che con velocità lo porti alla bocca magari rovesciandosi il goccio d’acqua sulla maglia che poi metteremo asciutta. Questo le permetterà di comprendere che il suo movimento poco preciso, compiuto con troppa rapidità non le permette di raggiungere lo scopo, bere. Al tentativo successivo son certa che sarà più cauta, bagnandosi un po’ meno, fino a quando tre giorni (o settimane..) dopo lentamente porterà il bicchiere alla bocca e berrà, senza bagnarsi. A quel punto potrò versare un po’ più di acqua all’interno del bicchiere per permetterle di ampliare ancora la sua competenza.
Quando bere sarà un’attività per lei assodata, le permetterò di sperimentare il versare l’acqua nel bicchiere da una piccola brocca, dove inizialmente verserò solo poche gocce d’acqua…
Per ora gioisco nel vederla fiera di sé, orgogliosa di essere riuscita a portare alla bocca un fusillo, senza prestare troppa attenzione agli altri 10 che sono a terra…
Durante le vacanze pasquali ho riletto i commenti che sono arrivati al blog, specialmente in seguito alla pubblicazione del post “bambini manichini” che tanto scalpore ha suscitato!
Alcune mamme e papà hanno scritto: “eh, ma non conosci mio figlio…”oppure “ non è facile fare così…”, oppure “parlare è semplice ma poi…”.
Ho ritenuto pertanto necessario scrivere questo post sul buonsenso e le teorie.
Solo mamma e papà conoscono a fondo il proprio bambino: i suoi vissuti, la sua personalità, i suoi bisogni profondi, le sue paure, il suo ambiente di vita.
Le varie teorie pedagogiche, teorie sullo svezzamento, teorie sul sonno e quant’altro devono essere intese come strumenti di cui mamma e papà possono disporre. Ciò che i cosiddetti “esperti” consigliano, vogliono essere dei consigli, appunto, spunti di riflessione da sfruttare per l’educazione dei propri figli.
Sono convinta che ogni teoria accolta e messa in pratica senza criticarla e calarla nella propria situazione personale non ha valore.
Ciò è spigato molto bene da Lucio Piermarini (autore dell’autosvezzamento). Piermarini dice che il problema dell’attuale svezzamento dei bambini è da ricercare nella perdita del buonsenso dei genitori! Le mamme non si fidano più dei bambini e del loro istinto materno, ma solo del pediatra! Anche se reputano una pratica inadeguata la adottano ugualmente perchè “l’ha detto il pediatra!”. Il buonsenso materno non trova più spazio e anche se tenta di emergere viene represso, soffocato proprio dalle mille teorie che ci bombardano e alle quali ci affidiamo senza spirito critico. Ritengo che noi genitori non dobbiamo sentirsi minacciati o giudicati dalle teorie e dai consigli che ci vengono offerti, dobbiamo essere sereni del lavoro che stiamo compiendo, se stiamo facendo il massimo per far star bene i nostri bambini!
Per esempio anche la stessa teoria dell’autosvezzamento credo che presa alla lettera senza saperla interpretare possa essere inappropriata. Perchè il bambino possa mangiare tutto ciò che c’è sulla tavola permettendogli la massima libertà d’esplorazione del cibo, mamma e papà devono possedere una valida e sana educazione alimentare.
Ho sentito di bambini di un anno e poco più intenti a ciucciare costine di maiale alla grigliate…per me questo non è autosvezzamento ma imprudenza ed ignoranza di coloro che ne hanno la responsabilità! Ma non per questo le parole di Piermarini sono dannose, è l’uso che dello strumento che si fa a poter essere pericoloso!
L’ autonomia di cui tanto ho parlato nei post precedenti credo che dovremmo ricercarla anche noi genitori ricordando che, come per i bimbi, si tratta di un processo da compiere passo a passo facendosi aiutare dalle teorie, dai libri e dai blog, sempre consci che gli autori del processo educativo siamo comunque soltanto noi.
Pertanto “aiutami a fare da me” deve essere il motto montessoriano di ogni bambino e “aiutateci a fare da noi” quello di ogni genitore! L’adulto non può sostituirsi al bambino nel su percorso di crescita: l’adulto deve sostenerlo, incoraggiarlo, creare le condizioni ambientali e relazionali migliori e porre i necessari limiti. Così le teorie devono sostenere, indirizzare, tranquillizzare, stimolare i genitori perchè si mettano in discussione continuamente e possano garantire un ruolo educativo accogliente, sincero, stimolante.