0

I BAMBINI ANIMATI

boy-909552_960_720

Animatore

Animazione

Animare i bambini.

Animare significa dar vita, infondere l’anima.

Come se i bambini l’anima non la possedessero, come se l’adulto fosse indispensabile per la crescita personale dei cuccioli d’uomo.

L’adulto spesso si crede capace di plasmare l’essere che il bambino in realtà è sin dalla nascita. 

I superpoteri che gli adulti si attribuiscono sono sconfinati. 

Succede che il bambino nasca con tratti personali molto distanti dall’ideale di mamma e papà e ciò può turbare, destabilizzare l’adulto. Il desiderio di “raddrizzare”, “reindirizzare” quell’animo verso terre più conosciute si fa sentire. 

Ciò che non si conosce spaventa, meglio mutarlo o travestirlo perchè diventi più rassicurante.

Così può succedere che inconsciamente, o con consapevolezza, l’adulto tenti verbalmente e relazionalmente di “modificare” il comportamento, il pensiero, l’atteggiamento del bambino per renderlo simile a se o al proprio ideale.

Lottando con la sua persona, combattendo perché egli cambi a favore dell’adulto.

E’ una strada ardua e costantemente in salita poiché i bambini sono forti e si battono con caparbietà, costanza fino a che resistono.  

Ma i bambini non hanno bisogno di questo. 

I bambini necessitano di silenzio, di calma e di tempo per conoscersi, per ascoltare la voce di quell’anima che c’è dentro di loro e che già ha una sua definizione e attende semplicemente d’essere scoperta, in primis dal bambino e poi da chi gli  sta accanto.  

Montessori lo chiamava Il segreto dell’infanzia quel mistero custodito nell’animo di ciascun bambino che va lasciato libero di manifestarsi, di farsi vedere e scoprire. 

Il genitore dovrebbe porsi curioso e trepidante di assistere allo sbocciare del proprio bambino, gradualmente, giorno dopo giorno. 

Senza fretta, senza pregiudizi, senza progetti, ma solo con la responsabilità di farsi modello di giustizia, bontà, gentilezza, comprensione, calma ed intelligenza valori che andranno ad integrarsi con il carattere del bambino, che si incarneranno in lui con naturalezza, pazienza e gradualità.

Il bambino, facendosi adulto, imparerà ad adattare la sua persona ai vari contesti, alle esigenze familiari e sociali per farsi uomo sociale.

Cosa gli piacerà? Cosa odierà fare? Con quali strategie tenterà di aver ragione? Quali saranno i suoi punti di forza? La dialettica? La simpatia? L’ironia? Amerà la solitudine o il chiasso? Farà facilmente sforzo fisico o amerà tribolare nel cercare il termine più corretto? Come dimostrerà il suo affetto, riempiendo di baci o con un sorriso? piangerà se triste, urlerà o si chiuderà nel silenzio?

Nessuno lo può sapere, perché l’essere umano è in unica copia. 

Lasciamo che egli cresca secondo il suo disegno e quello di nessun altro.

0

ALT ai pennarelli fino ai 4 anni!

color-787251_960_720Si, può sembrare un’affermazione un po’ forte. Ma chi non è d’accordo che un pennarello sia un’arma in mano ad un cucciolo di due o tre anni?! Non solo per divani, tavoli, muri, vestiti o armadi, ma anche per lo sviluppo della loro competenza manuale.

Perché la matita colorata?

La matita colorata, il pastello per intenderci, necessita di concentrazione per “funzionare”. Se viene impugnato in modo scorretto, quando si traccia non si vedrà alcun risultato. Inoltre con il pastello è necessario scegliere la pressione da utilizzare e il bambino può facilmente comprendere, in autonomia, che troppa poca pressione non genera traccia e per ottenere un tratto spesso bisogna usare molta pressione.

Così il bambino dovrà ragionare sull’utilizzo dello strumento, sperimentarlo, introiettando quali sono le azioni necessarie per ottenere il risultato voluto.

Cosa succede invece con il pennarello?

Qualsiasi impugnatura scelga il bambino, lo strumento funzionerà. Può tracciare guardando altrove. Qualsiasi pressione faccia il risultato non cambia.

E’ un materiale, ovviamente, povero dal punto di vista del potere educativo: non insegna al bambino, l’attenzione, l’impegno, la calma e la concentrazione così come la gestione della frustrazione e non gli permette di “lavorare” sull’impugnatura giusta che gli occorrà al tempo della scrittura.

Un tempo per ogni cosa

Montessori dava occasione al bambino di prepararsi alla scrittura molto prima che fosse giunto il tempo di scrivere questo perché, quando intorno ai 4 anni, il bambino mostra interesse per le lettere, la sua mano sarà già educata a rispondere ai comandi, a seguire una traccia, a mantenere una posizione, a rallentare, curvare. Questo perché sarà una manina allenata ed educata.

Come si educa la mano?

Offrendo continue occasioni di affinamento del coordinamento motorio: infilare, sfilare, aprire, chiudere, separare, così come tracciare con matite e pennelli. Più le esperienze saranno formative, interessanti e un po’ sfidanti, maggiormente e più in fretta il bambino diverrà abile.

I bambini non amano più i pennarelli che pastelli, ma spesso sono abituati a “non faticare troppo” per ottenere ciò che desiderano. La sua frustrazione immediata difronte alla difficoltà spesso viene accolta rimuovendo l’ostacolo, invece che insegnando a gestire l’impotenza.

La matita colorata è uno strumento più complicato e quindi viene offerto al bambino più grande. Il pennarello che è “facile” a quello più piccolo.

Ma questa scelta è comoda, non educativa.

Il facile pennarello, va conquistato.

Perché sono stati inventati i pennarelli lavabili e a tossici?  Perché sono stati messi nelle mani di bambini incompetenti (non per colpa loro, ma per naturale immaturità).

Un bambino di 5 anni, se possiede “mani educate” difficilmente si sporcherà tutte le dita tracciando, o i vestiti, o muri, divani, tavoli e sedie così come difficilmente lo metterà in bocca per sapere che sapore ha .

Un bambino di 5 anni userà i pennarelli, non come mezzo di esplorazione, ma come strumento per colorare grandi superfici, per inventare personaggi, storie ed avventure, esprimersi e rielaborare vissuti.

Invertite la tendenza! Alt ai pennerelli fino ai 4 anni a casa e a scuola.

Ne gioveremo tutti: mamma, papà, muri, divani e naturalmente i bambini (a lungo termine…)!

 

0

“La libertà, non è star sopra un albero, non e neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione” G.Gaber

sisters-931151_960_720

La libertà

E’ tempo di riflette sul termine libertà, su chi sia un bambino libero, su cosa comporti in termini educativi.

Spesso incontro genitori “schiavi” della libertà dei propri figli, incapaci di dire “no” credendo di limitare il proprio figlio ingiustamente e così limitano se stessi, tacciono i loro bisogni e le loro emozioni per dare spazio solo al volere dei più piccoli.

Ma la libertà è partecipazione, per essere liberi occorre saper guardare ed ascoltare gli altri. Educare alla libertà significa educare all’ascolto e al rispetto, prima di tutti di mamma e papà.

Quando si parla di bambini liberi, spesso ci si immagina un bimbo, anche molto piccolo che sceglie costantemente: cosa fare, cosa mangiare, come vestirsi, se andare a fare la spesa, se stare seduto a tavola, se prendere la macchina o andare a piedi forse decide anche per mamma e papà, se possono parlare, se devono giocare, a volte se possono addirittura farsi la doccia…

Questo però, non è un bambino bambino libero, ma un bambino cui vengono delegati compiti e responsabilità educative che non gli competono ma che dovrebbero essere in carico al genitore.

Spesso decidere per i bambini o lasciare che siano loro ad auto-gestirsi, sono scorciatoie “facili” che non prevedono la fatica dell’equilibrio.

Immaginiamo di dover rispondere ad un bambino, di 3 anni che vuole vestirsi in autonomia al mattino.

Esisto tre strade percorribili:

No, scelgo io 

Scegli pure quello che vuoi 

Puoi scegliere tra questo. (dopo aver selezionato capi adeguati alla stagione e al contesto)

La terza via è quella che richiede per il genitore, il maggior investimento di tempo e di energia, ma è anche quella più rispettosa del bambino.

Affidare ad un bambino di tre anni la gestione di un armadio 4 stagioni, consentendogli di uscire di casa a gennaio con vestiti dell’estate, non significa lasciarlo libero, ma farlo disperdere in un mare troppo vasto perché lui lo  possa governare.

Un bambino libero non è senza limitazioni, anzi conosce benissimo i confini, sa rispettarli, sa contenersi e gestire la frustrazione come la rabbia e la noia. Questi limiti gli sono stati presentati da sempre, con amore e comprensione, non come punizioni ma come aiuto alla vita.

Un bambino libero accetta il “no” perché conosce il “si”.

Egli ha sperimentato in modo graduale, commisurato alla suo grado di maturità, l’azione libera vivendosi le relative conseguenze e le eventuali frustrazioni.

Attraverso i “no” possiamo educare alla libertà. Concedendo sempre maggiore spazio al bambino mano a mano che diventa competente. Una volta che il bambino conquista un’abilità (ad esempio la capacità di salire le scale o di mangiare, o di pettinarsi) nessuno gliela potrà togliere o limitare.

Dove è libero un bambino?  Dove è in grado di gestirsi, dove sa agire senza essere irrispettoso, offensivo o doloso verso di sé, gli altri o l’ambiente.

Pretendere l’attenzione dell’adulto perché si vuole parlare in quel preciso istante è offensivo e irrispettoso. Ma il problema sta nell’adulto che lo concede: se due adulti stanno parlando ed un bambino di inserisce nella discussione pretendendo l’attenzione immediata, dovrà ricevere una limitazione.

Attendi un istante, tesoro. Sto parlando. Appena ho finito ti ascolterò.” Questa risposta non è “crudele”, ma educa alla libertà insegnando una regola sociale: la mia libertà inizia dove finisce la tua.

Il contesto giusto, per il bambino,  in cui sperimentare limiti, regole, sociali, frustrazione o rabbia è proprio quello familiare, perché in nessun altro contesto sarà mai così amato, accolto ed ascoltato, nel suo malessere.

La libertà si conquista gradualmente, i genitori devono desiderare concedere libertà ed educare bambini liberi, ovvero capaci di limitarsi per garantire e proteggere la libertà di tutti.

0

I regali di Natale

coverIl Natale è alle porte! I nostri bambini riceveranno, come sempre, tanti doni. Alcuni ingombranti, alcuni piccini, alcuni complessi, alcuni banali. Senza conoscere a fondo un bambino è complesso fare un regalo “azzeccato”!

Girando per negozi, sento nonni, zii, amici, farsi consigliare dai negozianti indicando l’età del bambino, come se questo servisse a rappresentare i suoi bisogni, interessi , gusti…

Quando guardo le indicazioni sui giocattoli, mi stupisco delle età consigliata sulla confezione: puzzle dai 2 anni che io non regalerei fino ai 3, giochi “indicati” dai 3 anni che io offrirei molto prima.

Il livello di competenza di ciascuno nello svolgere un’attività dipende dagli stimoli che ha ricevuto fino a quel momento, dal resto del materiale che possiede, dai suoi interessi, dall’ambiente educativo che frequenta.

Come comportarci allora?

Quando dobbiamo scegliere un regalo:

quando facciamo un regalo ad un bambino che conosciamo poco non limitiamoci a scegliere un regalo adatto ad un bambino della sua età, ma cerchiamo qualcosa di bello, educativo, che possa offrirgli un’esperienza formante ed appagante anche se magari non lo potrà utilizzare subito. Chiediamoci: il materiale utilizzato per realizzarlo è bello? qual è lo scopo del gioco? cosa può insegnargli? optiamo per esperienze educative, più che di intrattenimento. Lo aiuterà ad affinare l’utilizzo della mano (come tutti i giochi per infilare)? ad orientarsi nello spazio (come puzzle ed incastri)? a conoscere i colori o gli animali (libri o giochi con le carte)? Optiamo per giochi che si presentino ordinati: facilmente comprensibili nell’utilizzo, pochi colori, disegni “puliti” ovvero semplici, realistici. Un materiale ordinato potrà dare di più di un materiale confuso, troppo ricco ed iper-stimolante. I bambini amano la semplicità. La semplicità, la pulizia e l’ordine del materiale facilitano la concentrazione e quindi l’apprendimento.

Quando il nostro bambino riceve un regalo:

E’ responsabilità dei genitori valutare il dono ricevuto. Il mio bambino è già pronto per trovarsi nell’ambiente questa attività? E’ troppo semplice? Troppo complessa? se ciò che abbiamo ricevuto non è adatto, non deve entrare nella sua stanza obbligatoriamente! A volte un dono può essere riposto e mostrato al bambino quando sarà pronto per utilizzarlo. A volte dobbiamo apportare delle modiche: il gioco è bello, ma ha bisogno di un contenitore per essere riposto ordinatamente oppure deve essere semplificato.

Facciamo un esempio: Nina, che ora ha 4 anni e mezzo, ricevette due anni fa una scatola puzzle delle principesse che conteneva 4 puzzle diversi dal più semplice (10 pezzi grandi) al più complesso (25 pezzi piccoli). Le immagini da ricomporre erano difficilissime! Le prime volte faticavo io… Immagini dense, confuse, ricche di particolari, cani viola in mezzo a principesse, pony, alberi…. Non essendo Nina ancora un’esperta di puzzle (non le interessavano molto) era inutile offrirle questo materiale. Così l’ho conservato nell’armadio per un po’.. Un pomeriggio di qualche mese più tardi, proposi a Nina di ricomporre il primo puzzle, il più semplice. Lo avevo isolato dagli altri e riposto dentro una scatola. Avevo stampato una foto del puzzle completato (da me) che potesse aiutarla nell’orientamento. Con fatica, ed il mio aiuto, riuscì a completarlo. Gradualmente introdussi anche gli altri puzzle, l’ultimo l’ha fatto settimana scorsa!

Il regalo non era sbagliato, era in anticipo per Nina magari sarebbe stato adatto per un altro bambino appassionato ed esperto di puzzle!

Maria Montessori definiva l’adulto curatore dell’ambiente, egli ha la responsabilità di offrire al bambino un ambiente ricco, ordinato, interessante dove possa trovare materiali che lo possano richiamare ed educare.

Cari genitori, questo Natale selezioniamo, controlliamo, adattiamo ciò che offriamo ai nostri bimbi, così come facciamo la spesa accertandoci di ciò che compriamo per nutrire il suo corpo, con uguale attenzione nutriamo la sua mente!

Buon Natale a tutti!

0

Sbucciare il mandarino!? Non sono capace!!

girl-1428018_960_720

In una scuola dell’infanzia, offrendo un mandarino con buccia a ciascun bimbo presente, assisto ad una scena che mi fa riflettere.

Tutti i bambini, ricevuto il mandarino, abbassano lo sguardo e sussurrano: “ma io non so sbucciarlo!”. La maestra presente li sostiene confermando: “si, non sono capaci.”

Io provo a dir loro che non è così, che secondo me ce la possono fare e chiedo loro di provare.

Non percependo entusiasmo distribuisco ugualmente i mandarini e pretendo che ci provino. Inizio la sbucciatura per tutti, incidendo con l’unghia la buccia, perché quello è l’ostacolo maggiore per svolgere l’attività.

Tutti, compresa la più piccola di 2 anni e mezzo, ci riescono, ovviamente.

Non avevo dubbi.

Ad essere perplessi erano proprio i bambini.

Erano rassegnati all’idea di non essere capaci, senza per questo sentirsi a disagio o dispiaciuti. Ciò che mi ha colpito è stata la mancanza di voglia di provarci, la mancanza di interesse per “fare da soli”.

Sono convinta che genitori, educatori, nonni abbiamo il dovere e la responsabilità di non lasciar credere ai bambini d’essere incompetenti.

Dovrebbero invece fare attenzione a che non si spenga in loro la fiammella della curiosità (come la definiva Montessori) e della gioia di scoprire e conoscere.

I bambini si tutelano abolendo il giudizio e non limitandosi ad insegnare, ovvero mettere dentro, ma volendo educare, ovvero tirar fuori, dando spazio al desiderio, alla curiosità e alla passione, che l’adulto dovrebbe “solo” tutelare.

Un bambino è capace a fare qualcosa quando compie l’azione al massimo delle sue possibilità, che ovviamente, non corrispondo alle nostre. Che non sappiano vestirsi alla perfezione, con la pulizia gestuale che è propria dell’adulto, non significa che non sappiamo vestirsi; che si lavino le mani non sciacquandole a sufficienza non vuol dire che non sappiamo farlo.  Significa invece che hanno necessità di fare esercizio, di ricevere consiglio sulla precisione da impiegare, sulla gestualità da compiere, sulle attenzioni necessarie per eseguire meglio.

Il loro agire è migliorabile, certo, come il nostro del resto. Potranno farsi maggiormente abili se avranno la possibilità di provare, sbagliare, esercitarsi e sfruttare i consigli che riceveranno.

Quando versandosi l’acqua con la brocca, toccando il bordo del bicchiere rovesceranno l’acqua della tovaglia, non diciamo loro che non sanno versarsi l’acqua da soli, ma mostriamo loro dove è stato l’errore, riconoscendogli comunque la competenza.

 

2

L’età della socialità

brothers-1878178_960_720 I tempi dei bambini per diventare esseri sociali sono molto personali.

Alcuni bambini di due anni hanno piacere a stare con altri bambini, giocare in gruppo, salutare chi si incontra, accettare perfino una carezza, rivolgere uno sguardo o dire il proprio nome. Altri bambini, no. Preferiscono rimanere in disparte, guardare, stare a casa, salutano poco, difficilmente rispondono ad un estraneo e non si lanciano in attività di gruppo.

Genitori e maestre dovrebbero rispettare l’indole e il temperamento di ciascuno non forzando i tempi ,ma lasciando che il bambino faccia e parli quando si sente pronto a farlo.

“Saluta dai! non fare il timido! “Non essere sciocco!” “come sei! Ti ha solo accarezzato!” “vai a giocare con lei”

Forzare la socialità può rallentare il piacere a stare con gli altri.

Alcune persone si buttano in una nuova avventura senza timore, altri fino a quando non si sentono sicuri di riuscire alla perfezione nell’intento non si sbilanciano. Anche i bambini sono così. Ad esempio durante il periodo di sviluppo linguistico alcuni bambini parlano già quando il loro linguaggio ancora è incerto e poco comprensibile non spaventandosi della possibilità di non essere compresi. Altri bambini  invece, nel periodo che precede l’esplosione del linguaggio pronunciano pochissime parole solo quelle che sanno esprimere con precisione. Lo stesso può valere per la componente sociale: bambini espansivi, pronti al confronto anche in terreno poco sicuro convivono con bambini sociali ed espansivi a casa propria, con i parenti stretti ma che nel gruppo allargato si bloccano, rallentano, osservano, attendono perché non si sentono sicuri. Ciò non significa che i primi siano buoni e i secondi sciocchi,ma sono bambini con un differente temperamento ed una personale indole.

Accettare questa specificità significa permettere ai bambini di non trovarsi in difficoltà o in situazioni che non saprebbero gestire. Ecco perché sarebbe meglio INVITARE a salutare un estraneo, INVITARE a partecipare ad un laboratorio, INVITARE a giocare con un altro bambino rassicurando il bambino che non succederebbe nulla se lo facesse, che può stare sereno, senza insistere, tanto meno obbligare.

Quando il bambino si sentirà pronto e volenteroso ci proverà, lo farà e ci troverà pronti a sostenerlo e di incoraggiarlo.

0

Montessoriacasa in Sardegna!

Montessoriacasa dal 16 al 29 Agosto sarà in Sardegna!

cala-goloritze-2277644__340Se qualche associazione, gruppi di genitori, cooperative, società, scuole, fossero interessate ad organizzare una serata per le famiglie sull’educazione a casa, scrivete a Montessoriacasa@gmail.com!

Di recente Montessoriacasa è stato ospitato a Bormio, dall’associazione Educattivamente e grazie al loro impegno, abbiamo incontrato una gremita sala conferenze delle Terme con oltre 150 persone!

Di seguito il link per vedere un piccolo estratto della serata..

https://www.facebook.com/educattivamentebormio/

Buona estate!

 

 

 

 

3

Genitori esigenti

board-1500370__340“E’ stato qui due ore! Mi ha tartassato di domande, di ogni genere: Quando uscite? cosa fate? perché c’è questo? perché c’è quello? dove mangiano? chi li serve? dove li cambiate? quanti bimbi sono? E basta! Non se ne poteva più!”

Io invece ritengo giusto che i genitori siano esigenti. Gentili e rispettosi, ma esigenti, di sapere cosa, come e perché. I primi anni di vita del bambino sono di fondamentale importanza per la costruzione della loro persona, sono gli anni in cui l’ambiente che vivono li forma e quindi è giusto pretendere il meglio.

Quando scegliamo il posto dove far trascorrere le giornate a nostro figlio (siano 4, 8, 10 ore) dovremmo accertarci che sia il meglio che si possa offrirgli.

Non mi è piaciuto molto, le maestre non mi parevano un granché, ma è comodo, non costa molto…

Credo che scegliere una buona scuola, con valide maestre per i propri figli sia un buon investimento sul futuro. Ci si sacrifica per la macchina, le vacanze, la casa ma per la scuola dei propri bambini si fa fatica

Una scuola vale l’altra..!”

No, io non credo.

Ci sono maestre capaci e preparate che lavorano in ambienti belli, accoglienti, curati e stimolanti. E ci sono maestre che svolgono il loro lavoro con superficialità, incompetenza, svogliatezza in ambienti poco curati, non pensati, abbozzati.

La qualità la fanno le maestre.

Una cara amica e collaboratrice, mi disse: Diffidiamo da una maestra che non sappia rispondere ai perché che i genitori le pongono. Ogni cosa che viene fatta, detta o posta in ambiente DEVE avere una spiegazione perché deve essere fonte di una scelta ponderata.

Allora, ecco alcune indicazioni su come io ho scelto, sceglierei e consiglierei di scegliere la scuola (nido, scuola materna, scuola primaria..) per i figli.

Scelgo la scuola in cui:

1 i genitori possono visitare gli spazi e conoscere le maestre;

2 i bambini possono accompagnare i genitori nella visita…..

2 gli ambienti sono ben illuminati, puliti, arredati con gusto e con oggetti integri e belli;

3 c’è uno spazio esterno;

4 la maestra saluta sia noi (genitori) che il nostro (o i nostri) bambino con un sorriso;

5 bimbi di età differente vivono insieme almeno alcuni momenti della giornata;

6 l’autonomia è realmente favorita: al nido e scuola materna i bambini si possono vestire e svestire da soli senza fretta, collaborano nel momento del pasto in modo attivo (a casa bisogna correre, a scuola no), dormono quando sono stanchi, vengono invitati al cambio quando sporchi;

7 le attività proposte dalle maestre al gruppo sono facoltative;

8 la maestra ci parla in modo gentile e calmo;

9 ad ogni risposta che pongo la maestra sa darmi una solida motivazione;

10 non ci sono moltissimi bambini

visto che le scuole si possono cambiare se non soddisfano le nostre esigenze, confermerei la frequenza in una scuola in cui:

1 quando arrivo non sento sempre piangere qualcuno

2 la maestra mi accoglie al congedo con le stesso sorriso del mattino

3 mio figlio è sereno e contento di andare a scuola

4 la maestra sa regalarmi un piccolo aneddoto della giornata trascorsa

5 i vestiti sono sporchi di terra…

6 l’ultima informazione che mi viene data è se ha mangiato tutto

7 i bambini si salutano tra di loro (almeno scuola materna e primaria)

8 le maestre salutano con gentilezza ed affetto ciascun bambino che lascia la struttura

9 ai colloqui individuali sanno parlarci del NOSTRO bambino

10 i bambini hanno il tempo di “annoiarsi”

Sono solo alcuni consigli ovviamente, i nomi e le targhe non fanno di una scuola una buona scuola.

Solo il nostro istinto ci può guidare così come il benessere dei nostri bambini. Essere esigenti è un dovere in quanto primi responsabili dell’educazione dei nostri bambini; affidiamoli a  chi ci convince e monitoriamo di aver fatto la scelta giusta. Chiediamo ogni volta che abbiamo un dubbio su una scelta fatta dalle maestre e diffidiamo se non otteniamo risposte.

Cerchiamo costantemente la continuità educativa tra scuola e casa perché un ambiente educativo ordinato ed armonico non può che fare bene ai nostri bambini.

Interessiamoci a ciò che hanno fatto, ciò che non hanno fatto, come sono stati con gli altri, durante il pasto, durante l’addormentamento, l’uscita…

E ricordiamo sempre che la compagnia di mamma e papà rimarrà sempre insostituibile!

0

Dire “no” con dolcezza, si può.

portrait-317041_960_720“No! non andare!”

“No! non toccare!”

“No! Aspettami!”

Quando dobbiamo “fermare” un bambino spesso lo facciamo con tono secco, scortese, faccia corrucciata, a volte gridando. Probabilmente per mostrarci più forti o più convinti.

Se ci rivolgessimo ad un coetaneo, ovvero un adulto, a cui dovessimo dire “no!” lo faremmo con altrettanta severità e durezza? O diremmo forse: “No…mi scusi….questo è il mio carrello, l’ho appena preso..” non diremmo certo: “No! lasci il carrello. Subito!”.

Ciò ci dimostra che siamo capaci a dire no, dolcemente, con calma. Per chiunque è più semplice rispondere ad un comando se questo viene dettato con fermezza, calma e rispetto. Perché con i bambini dovrebbe essere diverso?

Un valido esercizio che come genitori ed educatori possiamo fare, per cercare di essere meno violenti durante l’affermazione di un “no!” è quello di provare a non usare più la parola “no!” per indicare il giusto agire al bambino”.

Proviamo a trasformare dei comandi:

“non ti alzare che batti la testa!” diventa “stai basso basso, come un gattino”

“non mangiare con le mani!” diventa  “usa la forchetta per imboccarti”

“non aprire tanto il rubinetto, allaghi tutto!” diventa “apri poco il rubinetto, riuscirai a gestire meglio l’acqua!”

” non toccare!” diventa “allontana la mano!”

“non lanciare! diventa “appoggia piano!”

In questo modo il comando sarà più significativo, perché il “NO!” si arricchisce del suggerimento per fare bene l’azione. Inoltre sarà un intervento costruttivo e non costrittivo. Il bambino saprà qual’è il modo giusto per fare quella cosa e non solamente che non lo deve fare, ciò lo renderà più rapidamente padrone di buone ed efficaci pratiche. Senza il giusto “suggerimento” il bambino magari si fermerà ugualmente, ma non avrà imparato cosa avrebbe dovuto fare e, alla prossima occasione, è facile che sbaglierà di nuovo.

Non dimentichiamoci che dire “no”, non significa sgridare, ma dare un consiglio, un orientamento. Daremmo un consiglio a qualcuno con la faccia ed il tono della voce arrabbiati? Credo di no. Pensiamo al no come ad un consiglio, per fare meglio, e comunichiamolo di conseguenza.

Avviciniamoci al bambino con il quale dobbiamo comunicare, ciò renderà più semplice abbassare il tono della voce ed essere, quindi, più gentili.

A volte si deve dire “no”.

Ma si può dire “no” sorridendo, si può dire “no” abbracciando, si può dire “no” tenendo la mano e sussurrando.

Ciò renderà il bambino maggiormente predisposto ad ascoltarci ed il messaggio più significativo.

Urlare e arrabbiarsi mentre si sta offrendo al bambino un insegnamento (come è il “no”) è controproducente perché è difficilissimo, se non impossibile, apprendere in un clima ostile.

Creiamo collaborazione, un clima agevolativo ed empatico, i nostri bambini si mostreranno certamente più “bravi” ad ascoltare e capire.

0

Perché scegliere il bello?

Perché i nostri bambini meritano di vivere in un ambiente bello? cosa significa bello? bello è ciò che è interessante, funzionale, significativo, che può emozionare, colpire e di conseguenza far crescere. Il legno è un materiale naturale, vivo, caldo  profumato, ideale per un bambino in formazione che sta costruendo il suo vocabolario sensoriale ed emozionale. Il bambino ha il diritto di avere a che fare con cose vere, belle, interessanti che possano regalargli sensazioni importanti e significative fondamentali per lo sviluppo dell’intelligenza. La via dei sensi è la strada percorsa dal bambino nei primi anni di vita: egli si forma come uomo attraverso ciò che vede, tocca, annusa, assaggia e sente esplorando e vivendo l’ambiente che abbiamo pensato per lui. L’arredamento dei suoi spazi di vita gli forniscono il nutrimento psichico di cui ha bisogno per svilupparsi.

Sabato 19 novembre 2016 presso la falegnameria Gardiman, http://www.gardiman.it, a Biella, Montessoriacasa in collaborazione con falegnameria Gardiman presenterà il primo pezzo della linea di arredamento per l’infanzia pensata per offrire al bambino un ambiente a sua misura, funzionale, che favorisca l’autonomia, che sia naturale e naturalmente…bello.

Non mancate!

vi aspettiamo dalle 15.00 alle 19.00.

In quest’occasione verrà offerta una merenda speciale a cura di Merende diverse, http://www.merendediverse.com, ci sarà uno spazio dedicato ai bambini e Ruggero Poi, formatore Montessori, presenterà “NENE’ CON L’ACQUA FA DA SE’,  il primo volume della collana per bambini edita da Carthusia, piccole Avventure Montessori.

238da731-d9f2-4892-b758-7e510225bf9afoto-nene-1