2

vacanze a misura di bambino

SAMSUNG E’ ora di partire per le vacanze, si preparano le valigie e non possono mancare i giochi dei  nostri bambini. Noi siamo appena tornati da un viaggio impegnativo: Milano, Roma, Lecce, Salento e lago d’Orta. Molti spostamenti: macchina, treni, tram, taxi, metropolitane, autobus, passeggiate cittadine e immersi nel verde. La fascia portabebè è stata una scelta vincente, come sempre! Spostamenti rapidi, in sicurezza e comodità. Molte sono state anche le dimore dove abbiamo soggiornato e ciò che non è mai mancato è stato l’adattamento dell’ambiente per la nostra cucciola! CHe si scelga un appartamento, una cuccetta di treno o nave, una camera d’albergo, un bungalow ciò se serve è predisporre l’ambiente di vita per far sentire il bambino a casa. Appena giunti a destinazione via al lavoro! Individuazione dei pericoli, spostamento ostacoli. Oggetti inadeguati devono sparire dalla portata del bambino e bisogna trovare uno spazio adeguato dove collocare i suoi oggetti, un piccolo mobiletto, un angolo dello spazio, un tappeto. Ciò permette al bambino di muoversi nel nuovo spazio in piena libertà e di comprendere quali siano gli spazi per lui accessibili. Ad esempio: nel bagno? mettere in alto lo spazzolone del gabinetto, chiudere la doccia, in alto saponi e oggetti taglienti, trovare uno spazio per il suo piccolo asciugamano, il suo spazzolino, il suo pettine. togliere i detersivi. La camera da letto? eliminare eventuali lampade dai comodini che hanno il filo che spenzola fino a terra, cercare un cassetto per i suoi abiti. Controllare il balcone che non sia pericoloso. Nella zona giorno eliminare eventuali soprammobili, fili elettrici. In cucina è meglio spostare in alto piatti, bicchieri, posate e lasciare a portata del bambino solo pentole, coperchi e oggetti non fragili o pericolosi.

Ecco garantiti ordine libertà: ciò che vedo lo posso usare, se cerco qualcosa so dove trovarlo e mamma e papà sono tranquilli. Per tutta la famiglia serenità e benessere.

CIò che dobbiamo ricordare di mettere in valigia alla partenza sono le ritualità. Spesso ciò che scombussola in bambini “in trasferta” (sia i piccini che quelli un po’ più grandi) sono i cambiamenti delle abitudini. L’ordine dell’ambiente gli permette l’orientamento spaziale e quello della scansione della giornata l’orientamento temporale. Cerchiamo quindi di ricreare nel nuovo ambiente spazi e momenti di vita che riconosca familiari e che possano aiutarlo ad adeguarsi alla novità della vacanza!

Buon viaggio a tutti, grandi e piccini!

 

1

MAMME E PAPA’ ALL’OPERA! GIUGNO 2014: per una nascita naturale

17

Facendo ordine in libreria in questi giorni, mi è capitato tra le mani un piccolo libro che lessi una ventina di anni fa!  Si narra di una nascita molto speciale. Di un bambino che, come tanti, viene al mondo. Raccontato da un medico/ostetrico che per primo e per la prima volta prova ad immaginare cosa prova il bambino nascendo e nelle prime ora di vita extra-uterina. Per alcuni fu una vera rivelazione (me per esempio!)  e per  altri fu “sconcertante”!!!  In quegli anni  si usava un’ assistenza al parto “medicalizzata”, il neonato era proprietà dell’ ospedale e veniva allontanato dalla sua mamma subito dopo il parto e lasciato solo in una culla termica per almeno 6 lunghissime ore e ancora di più se malauguratamente il piccolo nasceva verso sera. Poteva passare tutta la notte prima che incontrasse la madre. Durante il giorno veniva portato alla sua mamma ogni 4ore per essere allattato. La maggior parte delle volte questa lunga separazione e queste lunghe attese decretavano il fallimento dell’allattamento e gettavano la madre nella disperazione. Il piccolo poi… chissà che paura, che disagio senza la sua mamma, maneggiato da estranei e lasciato per la maggior parte del tempo nella culletta da solo, spesso in lacrime! E’ chiaro che avevamo perso completamente di vista la ” fisiologia ” del parto e della “nascita”, provocando in modo più o meno consapevole, disagi fisici, emozionali e psicologici a mamma e bèbè. I papà poi erano una figura marginale poco considerata, purtroppo. Ricordo che il mio primo figlio Andrès scegliemmo di farlo nascere a casa perchè mio marito ed io non potevamo accettare l’ idea che ce lo “portassero via” appena nato. Non avrei mai potuto sopportare una violenza del genere, sarebbe stato troppo per me! Martìn, il mio secondogenito, nacque ugualmente in casa e ci portò una gioia infinita nel condividere l’intimità della sua nascita.  Francisco, l’ ultimo nato, ci fece sperimentare l’esperienza ospedaliera, nonostante fosse tutto pronto per un altro parto domiciliare. Decidendo di nascere all’ottavo mese di gestazione, fummo costretti a recarci in ospedale con mille ansie ed un pò di delusione! Per fortuna  negli anni erano cambiate molte cose, c’ era molta attenzione al neonato ed alla sua mamma e nonostante la prematurità, Francisco appena nato rimase sul mio petto “pelle contro pelle” per molte ore. Questo primo contatto durò fino a che mi sentii pronta a portarlo al nido per un bagnetto caldo e qualche cura/coccola delle infermiere. Sono sempre stata vicino a lui vigile, attenta, senza mai perderlo di vista un minuto! Sono stata accolta, e mi sono sentita protetta ed ho potuto a mia volta accogliere e proteggere il mio bambino con tutte le attenzioni necessarie. Senza farlo mai sentire solo! Sono state molte le persone che hanno lottato in questi anni per il diritto ad una nascita “senza violenza” nel rispetto della biologia, fisiologia e natura fisica ed emotiva di mamma e bebè, me compresa! Ringrazio concludendo, il dott Frederic Leboyer per avermi destata dal torpore della “medicalizzazione della nascita” nel quale mi ero assopita!!!  LETTURE CONSIGLIATE : -” Per una nascita senza violenza ”  di Frèdèric Leboyer  e  ” APGAR 12″ di Alessandro Volta .

 

0

PROVARE PER…CRESCERE!

fotoPoco più di un anno fa ho iniziato a cucire a macchina. Ero assolutamente inesperta, non sapevo nemmeno accenderla! Nei primi mesi ho inceppato più volte il filo, ho cucito più volte tutto storto, ho invertito l’ordine con cui assemblare i pezzi per confezionare dei capi… Nessuno in tutto questo tempo mi ha detto cosa stessi sbagliando e come avrei dovuto fare. Attraverso la pratica, gli errori, gli accorgimenti e i tentativi sono diventa più esperta ed ho sviluppato la capacità di prevedere la conseguenza delle mie azioni. Se faccio così succede questo, ma se faccio cosà succede quest’altro. Ora sono orgogliosa di ciò che riesco a produrre, di come so usare la macchina da cucire e sono capace (quasi sempre…) di riparare i danni che combino! Perchè? Sono autonoma, al mio modestissimo livello, ma autonoma. E man mano che utilizzo lo strumento divento più precisa, più abile, più svelta e posso dare sfogo alla mia creatività.

Questa è la linea educativa che voglio dare a mia figlia: spesso noto che lei non è imprudente o maldestra, anzi è molto prudente e quando sbaglia sta solo tentando di crecere. Solo non è in grado di prevedere le conseguenze del suo agire. Sta perfezionando il movimento, l’abilità delle sue mani attraverso l’esperienza diretta con il mondo. Prova, verifica, tenta, sbaglia, ritenta. Ogni giorno consegue un piccolo grande traguardo lungo la strada della competenza. Non permetterle di sbagliare, cadere, rompere, rovesciare vuol dire impedirle di comprendere e di imparare a prevedere. Ciò che devo fare è offrirle un ambiente adatto, ovvero dove possa trovare stimoli adeguati al suo livello di sviluppo che non siano pericolosi ma neanche troppo scontati. Fare al posto suo o bloccare i suoi tentativi non le insegnerà la prudenza e la precisione, ma la renderà insicura e inesperta. Se tenta di arrampicarsi su un rialzo io le sto accanto perchè lei possa sperimentare la gravità. Magari cadrà, ma solo così potrà capire che il movimento da lei compiuto non era corretto. Se a tavola prende il bicchiere (nel quale ho versato pochissima acqua…) non la blocco per darle da bere, lascio che con velocità lo porti alla bocca magari rovesciandosi il goccio d’acqua sulla maglia che poi metteremo asciutta. Questo le permetterà di comprendere che il suo movimento poco preciso, compiuto con troppa rapidità non le permette di raggiungere lo scopo, bere. Al tentativo successivo son certa che sarà più cauta, bagnandosi un po’ meno, fino a quando tre giorni (o settimane..) dopo lentamente porterà il bicchiere alla bocca e berrà, senza bagnarsi. A quel punto potrò versare un po’ più di acqua all’interno del bicchiere per permetterle di ampliare ancora la sua competenza.

Quando bere sarà un’attività per lei assodata, le permetterò di sperimentare il versare l’acqua nel bicchiere da una piccola brocca, dove inizialmente verserò solo poche gocce d’acqua…

Per ora gioisco nel vederla fiera di sé, orgogliosa di essere riuscita a portare alla bocca un fusillo, senza prestare troppa attenzione agli altri 10 che sono a terra…

2

Stupido NON è chi lo stupido fa!

SAMSUNGCaso 1: Un bambino di circa 5 anni esce da un negozio, non vede un cartellone appoggiato a terra e lo tocca con il braccio passando, sua madre: “Ma sei handicappato completo o cosa?”

Caso 2:Una bambina di circa 1 anno sta guardando Nina, sua nonna dice: “vedi come è brava questa bambina, non come te che sei cattiva!”

Caso 3: In un bar un bambino di circa 1 anno e mezzo rovescia il contenitore dei tovagliolini sul tavolo, suo papà: “non si fa, sei brutto!”

E’ un dispiacere dirlo, ma sono frasi che sento troppo spesso pronunciare a genitori, nonni e maestre…Il bambino si fida totalmente dell’adulto di riferimento, è per lui l’esempio di vita. Ciò che l’adulto dice è verità. Se l’adulto dice ad un bambino “sei stupido!” egli ci crede e si convince di esserlo davvero. Molte volte l’adulto non intende ferire o insultare il bambino, dice queste frasi senza pensarci, senza riflettere sul peso che le parole hanno per le piccole spugne che i bambini sono!

Il bimbo durante l‘infanzia costruisce la sua persona e l’immagine che si crea di se stesso proviene dalla risposta che le sue azioni ricevono dal mondo degli adulti. L’adulto deve porre la massima attenzione a ciò che dice, come lo dice, quando lo dice. Al suo linguaggio verbale e non verbale.

Ad esempio il caso 2. Questa bambina che abbiamo incontrato probabilmente aveva commesso qualcosa che alla nonna non andava bene (non aveva dormito, si era sporcata, voleva scendere dal passeggino o chissà cos’altro…). Quando la nonna le ha detto “sei cattiva” davanti a noi secondo voi la bambina può aver capito -prima dovevi stare attenta con il gelato, ora ti sei sporcata e la nonna è irritata da questo-?

Certo che no. L’unica cosa chiara per la bimba è: io=cattiva.

A volte un comportamento del bambino si dimostra inadeguato per una certa situazione. Il comportamento, appunto. Non il bambino.

Pertanto è il comportamento ad essere sciocco, imprudente, egoista, capriccioso, maleducato e quant’altro. Non il bambino. Un consiglio è pertanto quello di giudicare il comportamento del bambino, non la sua persona. “Ti sei comportato come un egoista o “il tuo comportamento è stato sciocco” è molto diverso dal dire “sei un egoista” o “sei sciocco”.

Nel primo caso pongo l’attenzione su un comportamento sporadico, definito nel tempo e nello spazio. Nel secondo caso giudico il suo essere.

L’adulto dovrebbe non lasciarsi sopraffare dall’irritazione, dall’impulsività, ma valutare la situazione e avere chiaro il suo obiettivo educativo. Prendiamo il caso 1: La mamma voleva semplicemente che il bambino stesse attento a non inciampare e a non  rovinare il cartellone. Poteva semplicemente dire: “Attenzione! Il cartello!”. L’effetto sarebbe stato lo stesso, il bambino avrebbe schivato il cartellone.

Anche leggere la situazione specifica  è importante prima di intervenire: ci sono molte variabili da tenere a mente prima di fare. Il bambino è stanco o riposato? l’ambiente è adatto? il bambino è in una posizione comoda e sicura? ciò che sta maneggiando è adeguato?

Ad esempio il caso 3: Questo bimbo stava osservando e toccando con cura il portatovaglioli. Quando ha deciso di sollevarlo l’ha impugnato in modo impreciso e gli è scivolato. Se il babbo l’avesse guardato avrebbe notato il suo sguardo deluso e avrebbe capito che era già dispiaciuto e ferito di suo per l’accaduto. Non era sua intenzione farlo cadere. Ma invece il babbo l’ha guardato solo quando ha sentito il portatovaglioli cadere e gli ha detto “brutto!”. Cosa recepisce il bambino? -se faccio cadere qualcosa sono brutto-.

Sarebbe stato meglio che il babbo avesse osservato il suo bimbo e alla caduta del portatovaglioli gli avesse detto: Sai perchè ti è caduto? l’hai afferrato con poca precisione.” Tieni, riprova!”. Oppure, non avendo assistito alla scena: “ Ti è caduto! nulla di grave ! per fortuna era di plastica e non si è rotto!”.

Non solo gli schiaffi devono fare indignare, spesso anche le parole pesanti scagliate come i sassi.

 

5

Il coso e la cosa

nina camelia“ Un essere desideroso di esprimersi ha bisogno di un maestro che gli insegni chiaramente le parole. Possono i familiari agire come maestri? Abitualmente noi non aiutiamo il bambino, non facciamo che ripetere il suo balbettio e se egli non avesse un maestro interiore non imparerebbe nulla. Questo maestro lo spinge verso gli adulti che parlano tra loro e non si rivolgono a lui. Lo spinge ad impadronirsi del linguaggio con quell’esattezza che noi non gli offriamo. Eppure a un anno di età il bambino potrebbe trovare, come nelle nostre scuole, persone intelligenti che gli parlano intelligentemente.”

Maria Montessori, La mente del bambino, Ed. Garzanti 2010

Parlare. Parlare. Parlare. Con chiarezza, calma e usando termini autentici. Fin dall’inizio della vita parlare ai bambini il più sovente possibile è ciò che di meglio possiamo fare. Ogni cosa ha un proprio nome specifico che noi adulti conosciamo e il bambino no. Ogni volta che diciamo “Vuoi questo?” “ prendiamo quello?” dovremmo cercare di nominare con esattezza ciò a cui ci rivolgiamo. “Vuoi questa palla gialla?” “Ti va di assaggiare questa crema di zucchine?”. Anche quando compiamo delle azioni approfittiamone per parlare al bambino. Spesso con i neonati non è semplice trovare di che parlare, una buona strategia è la narrazione di ciò che sta accadendo (vedi il post: “Cucciolo: ecco il programma!” del 21 novembre).

Quando il nostro cucciolo inizia ad indicare ogni oggetto che cade sotto il suo sguardo (di solito intorno all’anno d’età) il miglior aiuto che possiamo offrirgli è nominarlo con lentezza, chiarezza utilizzando termini scientifici. Il primo interesse del bambino che sta costruendo il linguaggio è per i sostantivi (primi termini che utilizzerà) ed è proprio su questi che dobbiamo concentrarci anche noi. Quando il bimbo indica un cane mentre siamo a passeggio diciamo: “Cane!” poi possiamo aggiungere alcuni dettagli: “ Cane! il cane abbaia” oppure “Cane! vedi il suo padrone che lo porta al guinzaglio?”.

Questi sono solo esempi ovviamente, ma quello che voglio dire è che le informazioni che offriamo devo essere poche e chiare in modo che il messaggio recepito dal bambino sia semplice e comprensibile e “immagazzinabile” nella sua interezza. Scegliere di concentrarsi su una caratteristica di ciò che insieme al bambino stiamo osservando è una buona strategia.

Ad esempio: Il nostro bambino è astratto da una piccola piantina nel vaso. Cerca di toccarla. Noi potremmo dire: “Basilico. Questo è basilico, vuoi odorare?”oppure. “Il basilico è una pianta aromatica. Possiamo usarla in cucina per insaporire il cibo”.

Il numero delle informazioni che offriamo deve crescere con il bambino e con la sua capacità di concentrarsi. All’inizio scegliamo se dare notizie sul colore, sul gusto, sull’aspetto, sulla provenienza, su un aneddoto, ecc.

Esempi:

“il basilico è verde. Sia le sue foglie che il suo gambo sono verdi”

“il basilico cresce grazie all’acqua e al sole e alla terra”

“il basilico è molto buono con il pomodoro”

ecc..

Posso aggiungere informazioni quando capisco che il bimbo ne ha bisogno. Quando percepisco che mi sta ascoltando e sta assorbendo.

L’adulto non deve temere di utilizzare parole scientifiche credendole “difficili” perchè tali non sono! La mente del bambino è una spugna che assorbe ciò che l’ambiente gli offre. Più saremo specifici, dettagliati e attenti nel linguaggio maggiormente lo sarà il bambino quando inizierà a parlare. Semplificare il linguaggio per i bambini significa impoverirlo e inoltre vuol dire costringere il bambino a fare un lavoro inutile di “traduzione” dal linguaggio a lui riservato al linguaggio condiviso dal mondo dell’adulto. Ciò che dobbiamo tenere a mente è che ciò circonda il bimbo piccolo non ha ancora un nome e pertanto scoprire che il quadrupede peloso con coda e orecchie è “cane” e non “bau” e che quella cosa profumata con tante foglie e fiori è una camelia e non semplicemente “pianta” è una gran fortuna!!

Per approfondire il tema dell’importanza di parlare ai bambini fin dalla nascita vi consiglio: “Naturalmente intelligenti” John Medina, Bollati Boringhieri, 2011

4

Quando i genitori chiedono: “aiutami a fare da me!”

 

IMG_7074Durante le vacanze pasquali ho riletto i commenti che sono arrivati al blog, specialmente in seguito alla pubblicazione del post “bambini manichini” che tanto scalpore ha suscitato!

Alcune mamme e papà hanno scritto: “eh, ma non conosci mio figlio…”oppure “ non è facile fare così…”, oppure “parlare è semplice ma poi…”.

 

Ho ritenuto pertanto necessario scrivere questo post sul buonsenso e le teorie.

 

Solo mamma e papà conoscono a fondo il proprio bambino: i suoi vissuti, la sua personalità, i suoi bisogni profondi, le sue paure, il suo ambiente di vita.

 

Le varie teorie pedagogiche, teorie sullo svezzamento, teorie sul sonno e quant’altro devono essere intese come strumenti di cui mamma e papà possono disporre. Ciò che i cosiddetti “esperti” consigliano, vogliono essere dei consigli, appunto, spunti di riflessione da sfruttare per l’educazione dei propri figli.

Sono convinta che ogni teoria accolta e messa in pratica senza criticarla e calarla nella propria situazione personale non ha valore.

Ciò è spigato molto bene da Lucio Piermarini (autore dell’autosvezzamento). Piermarini dice che il problema dell’attuale svezzamento dei bambini è da ricercare nella perdita del buonsenso dei genitori! Le mamme non si fidano più dei bambini e del loro istinto materno, ma solo del pediatra! Anche se reputano una pratica inadeguata la adottano ugualmente perchè “l’ha detto il pediatra!”. Il buonsenso materno non trova più spazio e anche se tenta di emergere viene represso, soffocato proprio dalle mille teorie che ci bombardano e alle quali ci affidiamo senza spirito critico. Ritengo che noi genitori non dobbiamo sentirsi minacciati o giudicati dalle teorie e dai consigli che ci vengono offerti, dobbiamo essere sereni del lavoro che stiamo compiendo, se stiamo facendo il massimo per far star bene i nostri bambini!

 

Per esempio anche la stessa teoria dell’autosvezzamento credo che presa alla lettera senza saperla interpretare possa essere inappropriata. Perchè il bambino possa mangiare tutto ciò che c’è sulla tavola permettendogli la massima libertà d’esplorazione del cibo, mamma e papà devono possedere una valida e sana educazione alimentare.

 

Ho sentito di bambini di un anno e poco più intenti a ciucciare costine di maiale alla grigliate…per me questo non è autosvezzamento ma imprudenza ed ignoranza di coloro che ne hanno la responsabilità! Ma non per questo le parole di Piermarini sono dannose, è l’uso che dello strumento che si fa a poter essere pericoloso!

 

L’ autonomia di cui tanto ho parlato nei post precedenti credo che dovremmo ricercarla anche noi genitori ricordando che, come per i bimbi, si tratta di un processo da compiere passo a passo facendosi aiutare dalle teorie, dai libri e dai blog, sempre consci che gli autori del processo educativo siamo comunque soltanto noi.

 

Pertanto “aiutami a fare da me” deve essere il motto montessoriano di ogni bambino e “aiutateci a fare da noi” quello di ogni genitore! L’adulto non può sostituirsi al bambino nel su percorso di crescita: l’adulto deve sostenerlo, incoraggiarlo, creare le condizioni ambientali e relazionali migliori e porre i necessari limiti. Così le teorie devono sostenere, indirizzare, tranquillizzare, stimolare i genitori perchè si mettano in discussione continuamente e possano garantire un ruolo educativo accogliente, sincero, stimolante.